venerdì 3 ottobre 2008

Football Mafia

Le mani della mafia stringono la presa sul calcio? E’ da almeno un anno che ogni giorno veniamo informati di nuove sconvolgenti rivelazioni sul complicato rapporto tra calcio e mafie. Un fenomeno che, lungi dall’essere circostanziato al Sud d’Italia, sembra essersi diffuso ai quattro angoli del pianeta. In questo post Laleggendadelcalcio si è posto come obiettivo quello di disegnare una mappa di questo rapporto, attraverso una cronostoria delle principali inchieste su cui la magistratura ordinaria, quella sportiva, nazionale e non, e i giornalisti stanno lavorando. Dai "pizzini" di Lo Piccolo scoperti quasi un anno fa, ai biglietti falsi di Inter-Roma in mano alla camorra, dal caso Chinaglia-Lazio alle presunte combine degli ultimi Mondiali di calcio, fino alla Coppa Uefa vinta dallo Zenit.

Il caso Palermo. La vicenda che vede coinvolto il Palermo iniziò nel dicembre 2007, dopo l’arresto del boss Salvatore Lo Piccolo e di suo figlio Sandro (acciuffati nel mese di novembre), e la scoperta di alcuni ‘pizzini’ travati nel loro covo. Alla vigilia di Capodanno, il grande giornalista de "La Repubblica" Francesco Viviano firmò un articolo in cui svelava i rapporti tra Totò Milano, un mafioso condannato al primo maxi-processo alla mafia a 5anni e quattro mesi di reclusione, e il Palermo Calcio. Il ruolo di Milano nel Palermo era quello di ‘osservatore’ incaricato di scovare nuovi talenti del football e, sempre secondo Viviano, era sempre assieme alla prima squadra. Seguiva regolarmente gli allenamenti e usava lo stesso aereo con cui i rosanero andavano in trasferta. Inoltre, Milano aveva contatti con i dirigenti del Palermo, tra i quali Rino Foschi, l’ad Sagramola e Giovanni Pecoraro, e informava i Lo Piccolo di tutto il business della società. Dai lavori in corso al campo di allenamento a Boccadifalco, al progetto per il nuovo stadio che si dovrebbe realizzare nel quartiere Zen.

Poi la cronaca di questi giorni, con gli arresti dell'avvocato Marcello Trapani e dell'ex responsabile del settore giovanile del Palermo Giovanni Pecoraro da parte della giustizia ordinaria e con l’apertura dell’inchiesta da parte della Figc. Secondo la Procura federale i dirigenti del Palermo, compreso Rino Foschi, allontanato ad agosto da Zamparini (“per altri motivi e non per le indagini”, ha precisato il presidente), sarebbero stati intimiditi dagli uomini dei Lo Piccolo per perfezionare alcune compravendite di calciatori graditi a Cosa Nostra. Inoltre la Procura sta indagando su un giro di biglietti omaggio che sono finiti direttamente nelle tasche dei boss di San Lorenzo (anche su questa vicenda Zamparini ha dichiarato di esserne estraneo).

Ma la vicenda del Palermo calcio non si chiude qui. C’è un altro filone ancora aperto e riguarda le scommesse sui risultati dei rosanero, di cui si sono occupati in particolar modo due giornalisti del "Sole24Ore": Umberto Lucentini e Claudio Gatti.

L’articolo di Lucentini è del 17 dicembre 2007 e riferisce dell’indagine del commissario capo della polizia Manfredi Borsellino, il figlio di Paolo, su scommesse in nero fatte all’interno di alcuni punti vendita Snai, prefigurando i reati di “evasione fiscale, esercizio abusivo continuato di attività di gioco e di scommesse, e di truffa aggravata continuata”. Per questo la magistratura notificò avvisi di garanzia ad amministratori delegati di punti scommessa collegati alla "Elle Group Srl" e a tre legali rappresentati della società. Fatti, che ispirarono, seppur parzialmente, Claudio Gatti, che in un articolo del 15 gennaio 2008, spiegava il modo in cui la mafia si stava impossessando non delle scommesse clandestine, ma di quelle legali. Al centro, sempre un "pizzino" di Lo Piccolo, nel quale il boss annotava di voler acquistare una sala Bingo. “Sul fronte delle scommesse, l'attenzione di tutti è rimasta finora sempre concentrata sulle attività clandestine- ha scritto Gatti-, ma un'inchiesta de “Il Sole24Ore” porta a concludere che è bene guardare al settore legale (…) Il problema è che il settore ha una vulnerabilità normativa che permette a chiunque di puntare anonimamente decine di migliaia di euro ogni giorno per poi incassarne più o meno altrettanti. Puliti e dichiarabili. (…) Alla gara per le agenzie scommesse non ippiche tenuta nel dicembre 2006 dai Monopoli di Stato hanno concorso soggetti che pur di aggiudicarsi un punto vendita erano pronti a pagare cifre inimmaginabili. ‘Sono arrivate offerte con cifre sproporzionate’ ha confermato Fabio Felici- intevistato da Gatti-, uno dei maggiori esperti del settore, direttore di Agicos, l'agenzia giornalistica specializzata nel settore del gioco. ‘Con quei numeri e in quelle dislocazioni’ ha concluso l'imprenditore, ‘la griglia parametrica dimostra che è impossibile rientrare con l'investimento’”. “Quello delle sale scommesse potrebbe essere non solo il metodo più sicuro per ripulire denaro sporco. Ma anche il più economico- ha proseguito Gatti- Riciclare attraverso le scommesse può costare meno della metà della media. Ci sono infatti programmi di software che permettono a chi gioca di quantificare le cifre da scommettere sulle partite di calcio distribuendole tra 1, X e 2, in modo tale da non perdere più del 12% della cifra totale. E se a riciclare fosse lo stesso esercente che gestisce il punto vendita, il costo si ridurrebbe a un decimo di quello medio”.

Dal profondo Sud al ricco Nord. Il 24 giugno 2008 Marco Liguori sul suo blog ha raccontato una strana vicenda, iniziata nei pressi di San Siro nel 2001, poco prima dell’inizio del match tra Inter e Roma. Alcuni balordi, tra i quali spiccava la figlia del boss di camorra Antonio Caiazzo (Giovanna Caiazzo), vennero trovati in possesso di 70 biglietti contraffatti per la tribuna. Dopo anni di udienze, nel 2008 tutti gli imputati sono stati assolti perché "i quattro enti indicati come parti offese (ossia Inter, Lega Calcio, Federazione e Tim) non sono soggetti di diritto pubblico ma di diritto privato", e dunque per procedere era necessaria una querela di parte. Querela mai giunta al tribunale.

La camorra dietro la scalata della Lazio.
Si è detto molto di Chinaglia e della sua scalata alla Lazio, delle minacce a Lotito e del ruolo avuto dagli ultrà. Quello che interessa in questa sede riguarda però le nuove indagini che nel luglio scorso hanno trasformato l’aggiotaggio, reato per cui fino ad allora Chinaglia era imputato, in un reato ben peggiore: l’associazione mafiosa e il riciclaggio di denaro sporco. Fiamme Gialle e Polizia di Roma hanno scoperto, infatti, che dietro la scalata della Lazio nel 2006 ad opera di un gruppo farmaceutico ungherese c'era un disegno criminoso da parte del clan camorristico dei Casalesi per riciclare denaro sporco. Il nome di Chinaglia figurava tra le 10 persone destinatarie dell'ordinanza di custodia cautelare, perché intestatario "di conti correnti italiani ed esteri dove sarebbero dovuti confluire in tre tranche i 24 milioni destinati all'acquisto della società, riconducibili in ultima istanza al clan camorristico, secondo quanto riferito da una fonte investigativa" (virgolettato: Reuters).

Football e International Mafia.
Ma i rapporti tra calcio e mafia non riguardano solo la Penisola. Ormai sono diffusi a livello internazionale. Ma come al solito anche quando il crimine gira oltre le Alpi, gli italiani in qualche modo c'entrano sempre. Mi riferisco all’inchiesta fatta dal giornalista e scrittore canadese Declan Hill, che nel suo libro ha denunciato la combine di alcune partite degli ultimi Mondiali, tra cui le gare dell’Italia contro Ghana e Ucraina. Forse Hill è solo uno scrittore in cerca di popolarità e di pubblico per il suo libro. Il presidente della Fifa, poi, aveva rilasciato delle inoppugnabili dichiarazioni in merito, affermando che Hill aveva fatto solo delle ipotesi, avvalorando, di fatto, l'idea che Hill fosse soltanto uno in cerca di un po' di pubblicità. Poi però è accaduto qualcosa di strano. In primis, le federazioni chiamate in causa da Hill, così come i calciatori diffamati nel suo libro non hanno fatto nulla, nemmeno una querela di parte (per diffamazione o calunnia). Inoltre, due giorni dopo le dichiarazioni di Blatter, la Fifa ha aperto un'inchiesta per appurare la veridicità delle tesi sostenute da Hill. Un’inchiesta voluta da Blatter, uno che in due giorni dunque è riuscito a smentire sé stesso.

Lo Zenit. Infine il caso Zenit, che però pare sia tutta una bufala. L’indagine della magistratura spagnola denominata “Operacion Troika” è nata da alcune intercettazioni telefoniche, in cui un mafioso russo (tale Petrov) avrebbe sostenuto di aver comprato la finale di Coppa Uefa tra lo Zenit e il Bayern Monaco per 50 mln, forse di dollari. Ma proprio in queste ora pare che il caso si stia sgonfiando, almeno stando a quanto scritto da 'Tuttomercatoweb' (articolo che ho preso dal blog di Federico Casotti, Calcio Totale). “La situazione riguardante il sospetto di corruzione da parte della mafia russa avvenuta prima del ritorno di semifinale della scorsa Coppa UEFA fra Bayern Monaco e Zenit San Pietruburgo nelle ultime ore pare volgere sempre più verso la bufala. Dalla Germania hanno fatto sapere di non aver ricevuto alcun materiale sufficiente ad aprire un'inchiesta. Dallo stesso quartier generale del Bayer Monaco arrivano più risate che smentite. L' attaccante Miroslav Klose ha fatto sapere di essere 'rammaricato' per non aver visto un centesimo di questi famosi 40 o 50 milioni di un imprecisata valuta. Anche in Spagna, la magistratura pare non aver sufficienti prove per procedere. Tutto pare dissolversi in una bolla di sapone insomma. Il tecnico dello Zenit, Dick Advocaat, stamattina, a margine della conferenza stampa pre-campionato ha ironicamente reclamato quei soldi: "Devono darli a me, sono io che ho fatto vincere lo Zenit".

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