sabato 29 dicembre 2007

Prosegue il processo a Milan&Inter per falso in bilancio

Sarà che gli occhi di tutti(?) sono puntati sul caso Ronaldo, va in Brasile o resta al Milan?, sul calciomercato che riapre tra pochi giorni (Zambrotta andrà al Milan?, l'Inter prenderà un centrocampista? e, soprattutto, Ronaldinho arriva subito o viene a giugno?), ma del lavoro della procura di Milano che si sta occupando del falso in bilancio di Milan&Inter non se ne parla proprio. In tv niente, sui giornali poca roba... e sul web?Beh, qualcosina c'è sempre... Poche notizie intendiamoci, ma preziose, e che ci ricordano che la 'monnezza', nel calcio come nelle strade, non sta solo a Napoli...

La difesa del vice presidente dell'Inter Ghelfi ha chiesto al gup di Milano il proscioglimento per falso in bilancio. La memoria difensiva è stata presentata dagli avvocati di Ghelfi e dell'ex dirigente nerazzurro Mauro Gambaro nella cancelleria del gup di Milano. Domani, infatti, riprenderà l'udienza preliminare nella quale i due sono imputati di falso in bilancio per gli anni 2003 e 2004 insieme all'ad del Milan, Adriano Galliani. Ghelfi e Gambaro, comunque, hanno presentato richiesta di proscioglimento per 'non luogo a procedere' a causa dell'inutilizzabilità tra le fonti di prova della consulenza tecnica indicata dal pm Carlo Nocerino

  • AGI del 18 dicembre:

Il gup di Milano, Paola Di Lorenzo, deciderà il prossimo 23 gennaio sulla richiesta di rinvio a giudizio per il vice presidente vicario del Milan Adriano Galiani, e per i dirigenti dell'Inter, Mauro Gambaro e Rinaldo Ghelfi, accusati di falso in bilancio. Oggi, le difese hanno sollevato diverse eccezioni, mentre il pm Carlo Nocerino ha chiesto nuovamente che i tre imputati vengano processati per aver 'gonfiato' i bilanci dei rispettivi club attraverso la compravendita incrociata di giocatori

  • Behablog del 19 dicembre, (sarcastico commento di Oliviero Beha sulla vicenda, estratto da un suo articolo intitolato "Da Speciale a Moggi, la palude-Italia"):

Solo per dare un’occhiata al magma da un altro punto di vista, pensate che mentre a Napoli in Tribunale infuria l’argomento processuale Calciopoli, a Milano Milan e Inter sono in ballo per l’imputazione di falso in bilancio per gli anni 2003-2004. Galliani parla più volentieri del trionfo mondiale del Milan e definisce la storia una bufala. Per Moratti è d’uopo un non luogo a procedere. Perché non c’è stato il reato?Ma che, beati voi, e allora tutto il discorso precedente non sarebbe quella cerniera oppressiva che è: no, il proscioglimento dell’Inter è richiesto sulla base della “inutilizzabilità” della consulenza tecnica indicata dal pubblico ministero tra le fonti di prova…

venerdì 28 dicembre 2007

'Capello Learn English'

Come potrà Capello imparare l'inglese in poco tempo? Quali saranno le migliori soluzioni che dovrà adottare Don Fabio per apprendere velocemente la lingua più diffusa al mondo? Come farà ad affrontare con le poche parole che conosce una conferenza stampa e/o uno studio televisivo?
Se cercate una risposta basterà cliccare su www.capellolearnenglish.com, il sito creato da un gruppo di tifosi dei Leoni d'Inghilterra che, in perfetto humor britannico, offre soluzioni, news e approfondimenti sull'improbabile confronto tra il nuovo ct della Nazionale d'Oltremanica e la lingua inglese. Una sfida che nel Regno Unito appassiona un po' tutti i sudditi della Corona: come miss Rosetta Stone, di professione insegnante, che pare abbia spedito al "Dr Hair" un software contenente un corso interattivo d'inglese per bambini! Nella home, in alto a destra, poi, troverete anche un cronometro che segna il tempo che divide Fabio Capello dalla data ultima, da lui stesso designata, per imparare il 'complicato idioma'. Insomma, un sito da non perdere assolutamente. Hurry, Capello, hurry!

giovedì 27 dicembre 2007

Calciopoli 2. Ancora rivelazioni sul clan Moggi e la Juve

Su "Affari Italiani" è disponibile un'intervista a 360 gradi a Lucianone Moggi. Mi è sembrato sornione e spiritoso, oltre che logorroico, come sempre. Mi chiedo come faccia ad essere così tranquillo. Lui che, di fatto, è un pregiudicato (il 27 gennaio 1996 Lucianone venne condannato per il reato di frode fiscale a "3 mesi di reclusione e 3 milioni di ammenda"; la pena venne poi patteggiata - fonte: Marco Travaglio, in Lucky Luciano p. 129) che rischia il carcere. Oltre al processo di Napoli (dove tra l'altro è accusato di associazione a delinquere) e alle nuove intercettazioni immesse agli atti dal gup De Gregorio, non passa giorno che una nuova rivelazione additi lui e il suo ex club, la Juventus.
Come l'incredibile testimonianza del faccendiere Armando Carbone riportata da Corrado Zunino su La Repubblica del 20/12/2007. "Quello che oggi è stato disvelato come il sistema creato da Luciano Moggi- ha detto Carbone- in realtà esisteva da molto prima(...). Facevo quello che poi è diventato un metodo di lavoro un po' sofisticato e cioè combinare partite di serie A, B e C, corrompendo giocatori e arbitri(...) Torino-Hajduk Spalato di Coppa Uefa, da me aggiustata attraverso la corruzione dell'arbitro, Aston Villa-Juventus di Coppa dei Campioni, finita 1-2 grazie all'arbitro tedesco Eischweiller, un uomo mio".
Oppure la documentazione fornita da Maurizio Capobianco, ex dirigente della Juventus, che già nel maggio scorso, come riportato da Oliviero Beha sul suo blog, aveva affermato: "Sono in causa con la Juve davanti al tribunale del lavoro di Torino. Ho cominciato a lavorare con Boniperti nel 1984. Un uomo eccezionale. Poi nel settembre del 2005, dopo che già da tempo i miei rapporti con Giraudo erano degenerati, sono stato costretto a lasciare la società(...). Solo agli inizi del 2005 sono venuto a conoscenza di almeno quattro casi in cui la Juve ha fatto arrivare beni di ingente valore a due arbitri italiani, a un esponente della Figc, e a uno della Covisoc". Ora quelle accuse sono diventate qualcosa d'altro, come ha scritto il 19 dicembre Adriano Stabile sul sito "Spysport" in un articolo dal titolo: "Calciopoli. Nel 1997 la Juventus coprì la positività al doping di Torricelli":

"Scenari inquietanti sono quelli che vengono fuori dall’esame della nuova documentazione su Calciopoli. Di particolare interesse le carte fornite dall’ex dipendente della Juventus Maurizio Capobianco, protagonista di una serie di rivelazioni importantissime per i magistrati. Capobianco ha consegnato agli inquirenti una serie di carte che all'epoca gli erano state consegnate in busta sigillata per essere tenute nascoste fuori dalla sede della Juve durante un controllo tributario. Fra queste, ora in mano ai pm, una lettera personale riservata del '97 in cui l'allora presidente della Lega Calcio Luciano Nizzola (amicissimo del Moggi, ndr) trasmetteva all’amministratore delegato juventino Antonio Giraudo una missiva dell'Uefa su un controllo antidoping del 5 febbraio 1997 in occasione della Supercoppa Europea. Dopo la gara vinta 3-1 a Palermo con il Paris Saint Germain Moreno Torricelli sarebbe stato trovato positivo per cannabis. La vicenda fu coperta e la Juve multò il giocatore di 49 milioni di lire. Il favore, secondo la documentazione di Capobianco, avrebbe avuto un riscontro visto che a Nizzola, come ai famigliari di Pierluigi Pairetto, dell'allora presidente Covisoc, Gabriele Turchetti, e dell'arbitro Alfredo Trentalange, venne assicurato lo sconto del 50% sull'acquisto di una «vettura grande» Fiat. Per un altro parente di Pairetto anche un grosso scooter gratis."

martedì 25 dicembre 2007

Moggiopoli 2. Lacune legislative da colmare


Dalla lettura dei verbali delle intercettazioni telefoniche (la c.d. Calciopoli 2) non è emerso alcun interesse da parte di Luciano Moggi per un ruolo nel nuovo Queen's Park Rangers di Flavio Briatore. Eppure molti sospettano che la lunga mano di Lucky Luciano si sia infilata nella Londra pallonara. Ma Lucianone chiosa. Ora fa il giornalista per Libero ed è opininista per una tv locale, una professione che gradisce assai, come ha tenuto a precisare in un'intervista rilasciata ad Affari Italiani: "Ora faccio il giornalista, mi diverto e sono passato da essere criticato a criticare". Davvero un buontempone l'ex ferroviere di Civitavecchia.
Eppure l'ipotesi di un Moggi nella City non è poi così peregrina. Intanto a Londra s'era trasferito il suo braccio destro, Francesco Ceravolo, al quale Briatore aveva dato l'incarico di responsabile tecnico del Queen’s Park Rangers (pare che qualche giro a Londra - come ha scritto "tuttomercatoweb" - sia andato a farlo anche Alessandro Moggi). Un fatto che il giornalista di 'Controcampo', Paolo Ziliani, aveva così commentato: "Tutte le strade portano verso uno scenario abbastanza chiaro: quello di Moggi che muove il tutto dietro (ma neanche tanto) le quinte, magari col sostegno di Giraudo, che come tutti sanno dopo Calciopoli ha scelto l'esilio volontario, e dorato, a Londra". Ma poi, una settimana fa, Ceravolo ha rassegnato le dimissioni (qualcuno, maliziosamente, ha usato l'espressione "è stato dimesso") per family reasons, come c'è scritto sul sito della società inglese. Un addio(?) avvenuto non prima di mettere sulla panchina del club un loro affiliato: Luigi De Canio, ex tecnico di Udinese, Napoli, Reggina, Siena, Genoa ed ex uomo Gea. Insomma, nonostante le dimissioni di Ceravolo, il clan di Lucianone ha ancora molti contatti per operare seppur nell'ombra.
Una seconda ragione è che Moggi "sguazza" dove girano i soldi: era nel Napoli dei tempi d'oro di Ferlaino, nella Roma del duo Sensi&Mezzaroma che spendeva e spandeva, nel Torino di Borsano e Lentini, infine alla Juve. Ora che il "paradiso" pallonaro è proprio la Premiership inglese, dove di denaro ne gira a iosa e con una fiscalità ridotta rispetto a quella italiana, vi pare che Moggi ne possa rimanere tagliato fuori? Intendiamoci, Moggi può fare quello che vuole, anche perché l'inibizione di 5 anni, inflittagli dalla Corte federale in merito all'illecito sportivo (Art. 6 e non come lui stesso afferma un misero Art.1), non vale nel resto d'Europa. Cosa che del resto Lucky Luciano, che è davvero fortunato non c'è che dire, sa benissimo, visto che una quindicina d'anni fa si salvò dalla condanna per illecito sportivo per cose simili (forse sarebbe meglio dire che sono due facce della stessa medaglia).
All'epoca Moggi era ds nel Torino di Borsano, uomo di Craxi, e venne coinvolto in un sexy-scandalo, con mignotte "usate" come merce per addomesticare arbitri collusi al fine di taroccare alcune partite in Coppa Uefa (tre: con l'Aek Atene, Boavista e Reykjavik). Ebbene, nonostante le prove, indotte dalle testimonianze (del ragioniere del Toro, Giovanni Matta, della "massaggiatrice" Adriana R. e da alcune incongruenze emerse durante la deposizione di Pavarese, all'epoca vice-Moggi nella società granata e suo braccio-esecutivo, che, forse, non aveva imparato bene la filastrocca), Lucianone ne uscì pulito. Ma solo grazie al fatto che nella legge sportiva c'è un buco grosso come una casa. Come ha spiegato Marco Travaglio nel libro Lucky Luciano (pag. 113), "la legge punisce chi trucca le competizioni riconosciute dal Coni, ma non quelle riconosciute dall'Uefa, che è indipendente e autonoma, dunque non riconosciuta dal Coni. Tant'è vero che le squalifiche comminate dalla Federcalcio non valgono per le coppe internazionali, e le varie squadre che partecipano alle competizioni Uefa aderiscono autonomamente al suo regolamento, senza passare per Coni e Figc. Dunque (siccome le partite incriminate erano di Coppa Uefa, ndr), la legge italiana sull'illecito sportivo è per la Coppa Uefa inapplicabile". Per farla breve, il "buco" legislativo all'epoca gli servì per non andare incontro a sicura condanna in Italia, mentre ora, che la Corte federale l'ha condannato, gli permette di continuare la propria attività all'estero. Una lacuna che sarebbe ora di colmare.

mercoledì 19 dicembre 2007

Quel libro su Moggiopoli "puzza" parecchio...

Cari lettori,

sono recentemente entrato in possesso di un libro, "Il processo illecito". Ebbene, quel libro "puzza" parecchio e spiego subito il perché. 1. Il libro vuole analizzare i processi su Calciopoli (la prima sentenza e la seconda della Corte Federale) con metodo "scientifico". Sapete che ne esce fuori? Che Moggi è pulito. 2. L'autore del libro è, stando a quanto c'è scritto in copertina, di 'Luther Blissett'. Ma Luther Blissett è una sigla collettiva che non è più usata da oltre un quinquennio. I suoi "adepti" hanno cambiato nome e presumibilmente anche le strategie di lotta multimediale. Ora si fanno chiamare Wu Ming. Questo non significa che il nome Luther Blissett non si possa più usare, ma chi lo usa dovrebbe aderire, grossomodo, alla filosofia che da sempre li ha ispirati: "portare il panico nei santuari del potere attraverso la guerriglia psicologica, insinuare anticorpi nei sistemi di falsificazioni e menzogne che le società avanzate edificano per estendere il controllo sulle identità, sulle vite e i consumi" (4a di copertina di Mind Invaders).
Preso dai dubbi, mi sono messo in contatto con la Wu Ming Foundation. Volevo sapere se fossero a conoscenza di questo libro, "Il processo illecito". Volevo insomma sapere se chi l'ha diffuso qualificandosi come Luther Blissett fosse gente "seria" oppure no. Cioé, se ad analizzare il c.d. processo a Calciopoli ci fossero persone vogliose di conoscere la verita, come accaduto per la storia di Dimitri e dei "bambini di Satana", oppure qualche maneggione come ce ne sono tanti nel porco mondo pallonaro. Pubblico di seguito la "conversazione" avuta con Wu Ming 1 in merito e che ringrazio in anticipo per la disponibilità dimostratami. Una conversazione da cui si evince che "Il Processo illecito" è davvero un libro che puzza di marcio, come Moggi e suoi compari.



Richiesta di Italo a Wu Ming
Cari Wu Ming,
vi contatto per sapere se siete informati circa un libro dal titolo "Il processo illecito" il cui autore è (o sarebbe) Luther Blissett. Il libro è disponibile gratuitamente su
http://www.booksblog.it/post/2265/ebook-gratuito-su-calciopoli-il-processo-illecito ed è una lettura delle sentenze su Calciopoli in controtendenza con quanto molti giornalisti (Beha, Travaglio, Di Caro, Petrini, eccetera) vanno sostenendo sul Sistema Moggi. Volevo sapere se eravate a conoscenza del libro il cui autore è un vostro antenato, appunto Luther Blissett. E quanto questo libro s'ispiri alla vostra filosofia: quanto è attendibile insomma…
Attendo una vostra risposta,
I.M.



Risposta di Wu Ming 1
Ciao Italo,non ne sappiamo niente, noi abbiamo abbandonato il nome "Luther Blissett" ormai otto anni fa, chi lo usa oggi non fa né deve fare riferimento a noi. Comunque, a giudicare almeno dal riassunto che c'è su booksblog, mi sembra che il libro faccia ipotesi plausibilissime. Dire che a truccare i campionati erano solo Moggi e Giraudo è francamente assurdo, lì in mezzo il più pulito aveva la rogna vent'anni fa, adesso è proprio putrefatto... E infatti è stato tutto insabbiato, la Juve si è fatta il suo indolore annetto di mezzo purgatorio ed eccola di nuovo lì, il Milan tocca il cielo con un dito, l'Inter si è vinta il suo scudetto...
Saluti Wu Ming 1


Risposta Italo
Grazie per la pronta risposta. Immaginavo che quel libro non fosse una vostra "creatura", perché in questi anni ho avuto modo di conoscervi, attraverso alcune vostre 'indagini' (tipo la storia di Dimitri per intenderci) e pubblicazioni in genere (Mind Inveders per esempio o il romanzo Q).
Questo libro, appunto "Il processo illecito", ancora non l'ho finito di leggere (sto a pagina 30 su 45, ma ho letto le conclusioni) e non posso esprimermi totalmente sulla sua analisi. Ma per quanto ho letto fin qui, l'ipotesi non è tanto quella di dimostrare che nel marcio del barnum pallonaro ci fossero, oltre ai Moggi e alla Gea, pure i Galliani e gli altri; invece mi sembra che abbia l'intenzione di scagionare Moggi e la Juve dalle accuse per non aver commesso il fatto. Mi sembra anche d'intuire che l'ipotesi cardine sia che il "povero Moggi" è stato incastrato da un complotto architettato da Inter, Telecom, Galliani eccetera. Ad esempio, a pag 13 c'è un paragrafo dal titolo "La sproporzione della sanzione", in cui si dice che la Juve è stata ingiustamente privata di 2 scudetti, aver subìto una retrocessione con diversi punti di penalizzazione, quando in realtà il reato non è stato commesso perché non ci sono prove. Insomma, Moggi&Co sono immacolati, mentre gli altri potenti sono i manovratori (sembra una difesa scritta dallo stesso Moggi). Inoltre ti cito una parte delle conclusioni ( pag.46) solo per farti un esempio:
"Vogliamo chiudere questa prima parte con il sunto degli avvenimenti, come già ve li abbiamo proposti nell'introduzione, affinché rimanga ben chiaro il senso che è gravitato intorno alla Juve Fc nel'estate 2006:
-Le sentenze Calciopoli sanciscono che non ci sono partite alterate.
-Che il campionato sotto inchiesta, 2004-2005, è regolare.
-Ma che la dirigenza juventina ha coseguito effettivi vantaggi di classifica per la Juve anche senza alterare singole partite
In pratica -
conclude il libro - la Juve è stata condannata per omicidio, senza che nessuno sia morto, senza prove, né complici, né arma del delitto. Solo per la presenza di un ipotetico movente".

Mi spiego?
Intendiamoci: non dico che la tesi sia una "cazzata"; non ho letto le sentenze e quindi non posso giudicare. Ma mi chiedo quanto questo libro sia serio...
Vi ringrazio per l'attenzione

I.M.


Risposta Wu Ming 1
Beh, allora la conclusione è semplice: l'autore è un gobbo di merda! :-))))


lunedì 17 dicembre 2007

Lo stato delle cose. Calciopoli Atto III


“Calciopoli, l’accusa dei pm: Il sistema Moggi c’è ancora”. Questo il titolo apparso su gazzetta.it sabato 15 dicembre al termine dell’udienza preliminare su Calciopoli, tenutasi nel Palazzo di Giustizia del Centro direzionale di Napoli, dove è stata formulata dai pm Beatrice e Narducci la nuova ipotesi di reato a carico di Moggi&soci. “Si tratta- ha spiegato il giornalista Maurizio Nicita sul sito del quotidiano- di una nuova serie di intercettazioni telefoniche relative al periodo ottobre 2006-marzo 2007 dalle quali si evincerebbe, secondo gli inquirenti (i pm Narducci e Beatrice, nda), la volontà di continuare a controllare col proprio sistema l’andamento del campionato”.
Insomma, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Da quanto trapelato in questi giorni, sembra che Moggi abbia: partecipato al passaggio di proprietà del Siena Calcio nel marzo scorso (su La Repubblica del 16/12); che quest’estate abbia bloccato il trasferimento di Nocerino (il cui procuratore è il figlio Alessandro) alla Fiorentina per favorire la Juve dell’amico Alessio Secco (sul Corriere dello Sport di oggi); che stia avendo un ruolo attivo (e del tutto lecito visto che la sentenza su Calciopoli non ha effetto nel resto d’Europa) nella costruzione del nuovo Queens Park Rangers di Flavio Briatore (chissà a Londra che bella rimpatriata si faranno Moggi, Briatore, Rossi, Giraudo, Sir Fabio Capello, Ceravolo e compagnia bella); e così via.
Intorno a Lucky Luciano (come è stato chiamato Luciano Moggi in un famoso libro edito dalla Kaos), tutto un mondo che invece d’essere cambiato (eticamente, legislativamente, culturalmente) pare sia sempre lo stesso. Con tutti che predicano bene(?) - “sono innocente”; “facevano tutti così”; “è il sistema” -, ma poi razzolano male. E la cronaca di questi mesi, di questi giorni, di queste ultime ore ne è l’esempio. Come la Juventus, che non appare al processo come parte civile, nonostante in questi mesi Lapo&famiglia c’abbiano raccontato che la “triade” è stata una maledizione per la società bianconera e non, come ragionevolmente si potrebbe pensare, una risorsa… (come se Umberto A. non sapesse chi si metteva in casa).
E poi il ruolo dei procuratori. Che nonostante tutto sono sempre gli stessi, come aveva affermato Dario Canovi, agente di calciatori, quest’estate ai microfoni di "Radio Radio" (era il 9 luglio): “Di Gea ce ne sono tante e tutte sotto gli occhi della Federazione. Oggi i calciatori vanno in certe squadre solo se fanno parte di una scuderia piuttosto che un'altra. Pensate a Pastorello e il Genoa, oppure pensate al Torino. Certo non è più come prima (…) eppure i vecchi personaggi sono ancora tutti in giro, e continuano a fare il loro lavoro. Forse la verità è che alle società di calcio questi personaggi fanno comodo”.
Sotto accusa poi c’è il mondo del giornalismo sportivo. Nel processo solo Ignazio Scardina della Rai (pare avesse un rapporto speciale con Moggi)… ma accanto a lui ne esce con le ossa rotte tutto il giornalismo sportivo tv nazional-popolare. Senza aver commesso reati a quanto pare, ma con ruoli altrettanto deleteri per la professione, sono saltati fuori i nomi dei grilli “moggiani” Melli, Damascelli e Sposini; il fu Tosatti, l'anti-zemaniano, che faceva da moderatore nei convegni Gea con Sconcerti e Palumbo; Franco Ordine, opinionista a Controcampo, che di "ordini" ne pigliava un po’ da tutti. Poi chissà quanti altri. (Per chi volesse approfondire il tema del rapporto tra il Sistema Calciopoli e giornalismo, consiglio la lettura di MicroMega n.4 del 2006, in particolare il bel 'pezzo' di Andrea Di Caro "Giornalisti da cuccia", dove i cronisti sono descritti come "cani da guardia non della democrazia, ma del Sistema che avrebbero dovuto denunciare").
Senza dimenticare la questione arbitrale. Direttori di gara che, dopo la bufera che ha coinvolto molti fischietti oltre ai designatori Bergamo&Pairetto, dovrebbero aver voltato pagina e assunto un ruolo più autorevole, moralmente e fattivamente, con il nuovo corso Collina, "designatore da 500.000 euro all’anno", anche se ancora oggi vengono accusati di favorire questo o quell’altro club (guarda le dichiarazioni di Bruno Conti, non uno scemo, apparse dopo alcune discutibili decisioni arbitrali sfavorevoli alla Roma).
Poi i vertici del Coni, della Figc e della Lega, con a capo gente inossidabile come Petrucci, Abete e Matarrese. Personaggi "storici", sui quali la cronaca aggiunge ogni giorno piccoli “lego”, che uno sopra l’altro costruiscono un’impalcatura difficile da non vedere. Come l’interrogatorio a Pier Luigi Ronzani (lo riporta La Repubblica del 24 novembre), ex presidente della Camera di conciliazione e arbitrato del Coni, che ha (o avrebbe) detto alla magistratura che alla vigilia del processo a Calciopoli il presidente del Coni, Gianni Petrucci, lo ha avvicinato perché voleva che non prendesse alcuna decisione sulla posizione di Franco Carraro.
Inoltre ci sarebbe da approfondire la questione legata ai neo Campioni del Mondo del Milan, all’asse Galliani/Meani e della volontà della società di via Turati di ingaggiare Moggi (prima che scoppiasse la bomba). Un’ipotesi che Innocenzo Mazzini sul Guerin Sportivo (rintracciabile sul sito Violanews del 4/12/2007), ex vicepresidente Figc e attuale “mostro di Firenze”, ha parzialmente rilanciato: “Il castello è crollato quando Moggi e Giraudo si sono rifiutati di passare al Milan. Con Berlusconi alle spalle, sarebbe stato tutto diverso…”. Infine il mondo del dilettantismo, serbatoio di traffici che inquinano fin alla radice il nostro calcio.
Guardando tutto questo, mi torna in mente un’intervista rilasciata dal pm di Napoli Giuseppe Narducci a Maurizio Galdi e apparsa su La Gazzetta dello Sport del 17 novembre 2007. “Il calcio è desolante- ha detto il magistrato-. Visto dall’interno ci si trova davanti ad interessi di ogni tipo che nulla hanno a che fare coi principi dello sport. La realtà è peggiore di quello che si possa immaginare. Nel mondo del calcio è cambiato poco o nulla. Resta il valore di questa inchiesta, ma indagini penali e processi non possono cambiare la situazione. Un discorso che vale anche per la violenza negli stadi. È un problema che riguarda tutti i momenti della vita italiana, non solo lo sport. Per cambiare ci vuole altro che un’indagine. Lo Stato dovrebbe intervenire direttamente e decidere, non può disinteressarsi. Dall’ordine pubblico, ai diritti tv, alla giustizia sportiva. Lo sport non può farcela da solo”.
Insomma c’è tanta carne al fuoco che val la pena di seguire e approfondire questa “nuova” Calciopoli. Alla faccia di chi sostiene che di Calciopoli “non frega più a nessuno", ho intenzione di seguire il “caso” con passione e senso critico e, per quanto mi è possibile, approfondirlo con tutto il materiale che ho a disposizione (ritagli di giornali, materiale d’agenzia, quella grossa banca dati pubblica che è internet, ecc.). Saranno benvenute tutte le informazioni (le dritte) che i lettori vorranno concedermi: basta cliccare sulla mia e-mail e comunicarmele.

giovedì 13 dicembre 2007

Il Dr Hair e la terapia del Santo Catenaccio

Fabio Capello è il nuovo ct dell'Inghilterra, per l'astronomica cifra di 4mln di sterline (circa 6mln di euro). Nel nostro Paese qualcuno ha scritto che d'ora in poi sarà opportuno chiamarlo non più Don Fabio, ma "Sir Hair". In Inghilterra, invece, dove lo stereotipo dell'italiano mafioso è sempre di moda, il Mirror l'ha etichettato "The Godfather", cioé il Padrino. Ma il tecnico di Pieris non ci sta. Lui vorrebbe essere come Freud, insomma un dottore in psicologia. "La Nazionale inglese ha un blocco mentale, qui serve uno psicologo - ha fatto notare Capello al Sun - più che uno stratega". A sostegno anche l'Arrigo Sacchi. "Un grande onore per Fabio e per il calcio italiano - ha detto l'ex ct azzurro a Radio Radio - perché gli inglesi non sono mai stati teneri con noi"... come a dire che Capello, stavolta, ha davvero rotto un tabù... Intanto, in un sondaggio (ancora in corso) promosso dal prestigioso Times e dal titolo "Is Fabio Capello the right man for England?", l'80% degli internauti sostiene che Dr Hair è l'uomo giusto. Ma per che cosa? Nei commenti la risposta: "Per vincere naturalmente, anche a costo del bel gioco". Ovvero, come risollevare le sorti infauste degli inventori del football grazie al totem tutt'italiano del Santo Catenaccio... che sia questa la soluzione terapeutica del Dr Hair?

venerdì 7 dicembre 2007

Una Curva da interpretare e l'esperienza di Marco D'Amato


Domenica e mercoledi le Curve d'Italia hanno scioperato, ma solo pochi quotidiani si sono chiesti come i pallonari da stadio abbiano passato queste due giornate di campionato senza ultrà. Ha fatto eccezione Il Manifesto di giovedi 6 dicembre, con un bell'articolo di Giacomo Russo Spena dal titolo "La Sud senza voce per sciopero ultrà". Secondo il giornalista de Il Manifesto, che ha assistito alla partita Roma-Cagliari in Curva, la squadra giallorossa starebbe "iniziando a patire la perdita del suo «dodicesimo» uomo in campo". Ovviamente non ho motivo di dubitare dell'onestà di Russo Spena. Ma non tutti hanno visto e interpretato l'assenza dei gruppi organizzati allo stesso modo. Per questo, pubblico volentieri il bel reportage dell'amico Marco D'Amato, dottore in Scienze della Comunicazione e da sempre "tifosissimo" della Roma. Un reportage che fa da contraltare a quanto scritto dal quotidiano comunista.

L’autogol degli ultras: la Curva Sud piena in un Olimpico vuoto
(di Marco D'Amato)

ROMA - E’ un freddo mercoledì di dicembre, uno di quelli che passeresti volentieri a casa seduto sul divano. Ma c’è Roma-Cagliari, recupero della 12a giornata del campionato che amiamo definire “il più bello del mondo”. E tanto basta per indossare la sciarpa giallorossa, salire sullo scooter e partire. Destinazione, ovviamente, lo stadio Olimpico. Stavolta parto un po’ in ritardo perché penso che la Curva, che da 12 anni amo frequentare assieme ai miei amici, tanto sarà vuota… In questi giorni s’è vociferato di un altro sciopero del tifo organizzato, di quelli che gridano “non ti lasceremo mai sola” tanto per capire. Arrivato al parcheggio dei motorini sotto la Sud, noto che il parcheggio è pieno come al solito. Entro e vedo quello che non m’aspettavo: la curva piena. Si fa fatica a passare per le scale, ma quando mi giro noto che gli spazi dei gruppi sono stati delimitati da barriere di scotch, quasi ad ammonire chiunque avesse avuto la malsana idea di occupare uno di quei “sacri” pezzi di plastica dai quali ogni domenica si mostra alla gente che vuol dire essere tifosi. In Curva, domenica scorsa (c’era l’Udinese), nel giorno che avrebbe dovuto mostrare all’Italia cos’è un calcio senza tifosi, ce n’era di gente ma non così tanta. Mi volto ad osservare gli spalti e noto che è il resto dello stadio ad essere vuoto: sembra quasi che a scioperare siano gli altri settori. D’altra parte quando si hanno come “concorrenti” i colossi delle pay-tv, non credo che far pagare il prezzo di una giornata di lavoro per una partita di calcio sia un buon incentivo a riempire gli spalti. Le rivendicazioni della protesta degli ultras sono in queste dichiarazioni: “L’ultras va eliminato perché le curve sono oasi di pensiero libero e non omologato in una società vuota di valori. Sono un terreno non ancora massificato”. A cui fa eco il comunicato che dice: “I gruppi della Sud in occasione rimarranno a casa continuando la loro protesta. Lo spettacolo abbia inizio... ma senza di noi”. Parole dure, scevre di ogni significato calcistico e che nulla hanno a che vedere con gruppi di persone che dovrebbero avere come fine ultimo quello di lanciare cori e sventolare bandiere. La partita inizia, subito infiammata da un brillante avvio della squadra di Spalletti. La Curva sembra contraccambiare lo spettacolo offerto, ma noto che rispetto a domenica scorsa e nonostante il maggior numero di presenti, c’è timore a cantare. Lo stesso timore percepito da chi guarda quei seggiolini vuoti circondati dallo scotch. Forse non sono l’unico a pensare che i padroni dei posti non siano poi così lontani dai loro pulpiti e che la libertà di espressione e di pensiero non sia poi così tollerata. Col proseguire della partita i cori seguono gli eventi in campo e iniziano a diminuire di intensità, come lo spettacolo offerto dalle squadre. In giro sento la gente attorno a me che parla della “vecchia” Curva: chi vorrebbe portare i tamburi a “tradimento”; chi si augura che torni il Commando di una volta. Di certo l’intensità dei cori del tifo romanista è diminuita rispetto alle domeniche tradizionali passate coi gruppi. Ma, nonostante tutto, la Sud è sempre piena, pronta a sostenere la propria squadra.

martedì 4 dicembre 2007

L'invito di Francesco per un giornalismo sportivo migliore

Carissimi lettori (so che siete pochi, ma spero di sostanza),
vi giro l'appello, che è anche una proposta, di Francesco Facchini, giornalista di Metro, postato sul suo blog e dal titolo: "Sto cercando il bello del calcio. Datemi una mano".

"Sto cercando il bello del calcio e mi rivolgo a tutti. Sto cercando di non farlo uscire per sempre dalla schiera dei miei interessi, delle mie passioni. Ci sto provando e ho bisogno del VOSTRO aiuto. Perché? Semplice. Mi rivolgo a tutti coloro che hanno letto, visto, vissuto una storia di bel calcio... e vogliono che non si perda.
Sto cercando tutte le storie, minime e massime, alte o basse, verdi o blu, nere o rosse. Spero di poter divulgare questo messaggio a tutti i comitati regionali della Figc, ma anche a tutti i siti delle squadre, a tutti i club, a tutti i tifosi, a tutti gli arbitri. A tutti coloro che si ricordino, in qualche maniera, che il calcio è ancora uno dei motori belli della nostra vita. Per venire a sapere tutte le storie e per poterle scrivere sul giornale Metro per il quale io lavoro, vi lascio a disposizione un numero di telefono, un fax, una segreteria telefonica e un paio di poste elettroniche cui mandarmi qualche riga assieme a un contatto. Io verificherò, chiamerò, vi contatterò. Eliminerò chi mi fa perdere tempo e chi non crede in questa cosa. Poi scriverò ,scriverò, scriverò."


Questi i recapiti per contattare Francesco Facchini:

telefono, segreteria e fax 039 7490243;
ilfac@francescofacchini.it
francesco.facchini@metroitaly.it

sabato 24 novembre 2007

Il Calcio che unisce: la storia di una squadra di ragazzini rom a Tor di Quinto


Alle 18 di oggi con Genoa-Roma riprende il campionato, finalmente!, dopo le tristi cronache di queste due settimane. E c'è voglia di parlare di calcio come sport. Un'occasione buona per ricordare che il football può essere anche unione e tolleranza ce la dà Marco Iaria, che nell'edizione romana de "La Gazzetta dello Sport" (poche pagine allegate al quotidiano nazionale) ha raccontato la storia di una squadra di ragazzini rom e romeni che fino a pochi giorni fa vivevano negli accampamenti di Tor di Quinto, il quartiere della periferia romana finito sotto i riflettori dopo l'omicidio di Giovanna Reggiani lo scorso 30 ottobre. Un fatto che ha riacceso l'odio xenofobo e aperto un caso diplomatico tra Italia e Romania. L'articolo di Iaria, dal titolo "Quei rom campioni di fairplay", non è visibile per coloro che non vivono nel Lazio e sul sito "gazzetta.it" non ce n'è traccia. Per questo ho deciso di "ri-mediare" questa bella storia. Che inizia tre anni fa su una pista ciclabile nei pressi di Tor di Quinto, dove monsignor Giovanni D'Ercole e l'arbitro Salvatore Paddeu avevano l'abitudine di allenarsi. Un giorno, vedendo nell'adiacente campo nomadi un gruppo di bambini, ai due viene l'idea di convinrceli a giocare a calcio. Per strapparli dalla strada stringono un accordo secondo cui chi vuole far parte della squadra deve obbligatoriamente frequentare la scuola. In pochi giorni mettono su un team con tanto di divise che s'iscrive al torneo delle Acli. "Il primo anno però è stata dura", ha commentato Iaria. La squadra arriva ultima al torneo e i ragazzini (tra i 10 e i 13 anni) sono guardati con diffidenza e ricoperti di insulti (tipo: "Zingaro di m... tornatene al tuo paese"). Di quei momenti Iaria ha raccontato che "gli 'Ercolini' (questo il nome della squadra, ndr) porgevano l'altra guancia, un sorriso e via". Alla seconda stagione i ragazzini rom vincono il campionato e tutti pian piano si accorgono di che pasta sono fatti. "Poi gli altri- ha scritto Iaria-, quelli che gli stolti definirebbero normali, hanno capito. E un giorno, il giorno della finale, si sono presentati in tribuna a fare il tifo per loro. Perché gli 'Ercolini' sono ragazzi rom e romeni che danno lezioni di comportamento su di un campo di calcio". Questa la loro vittoria più importante. "I bambini si sono sempre distinti nel comportamento- ha affermato l'arbitro Paddeu a 'La Gazzetta dello Sport'- mai una protesta, mai una reazione alle offese. Con il tempo hanno conquistato la stima di tutti e le mamme degli altri ragazzi, che prima storcevano il naso, si sono dovute ricredere". Purtroppo però, dopo la tragedia all'uscita della stazione ferroviaria di Tor di Quinto, quel clima di esasperazione si è riversato anche contro di loro che colpe non ne possono avere. "Gli sgomberi- ha scritto sempre Iaria- li hanno riportati in mezzo alla strada e, con le loro famiglie, si sono trovati un'altra sistemazione di fortuna, in un interstizio della Roma sotterranea. A scuola alcuni bambini sono costretti ad aspettare in aula l'arrivo dello scuolabus per evitare di prendere botte e insulti dagli altri compagni". "Qualche bambino si è perso di vista- ha concluso Iaria- ma il progetto non è tramonato, tutt'altro". Insomma, nonostante le difficoltà, la favola continua.

venerdì 23 novembre 2007

Tifare non è reato

In un'Europa dove non esistono frontiere interne e dove è libera la circolazione di uomini e merci, i tifosi italiani appaiono come bestie in gabbia. Tutti, senza distinguo. La questione qui non è quella di suddividere i buoni dai cattivi come si faceva alle scuole elementari o medie, ma attiene piuttosto al tema annoso della giustizia (penale) e alla sua attuazione in un Paese che si definisce democratico. Sul Corriere della Sera di martedì 20 novembre, Alessandro Pasini si è domandato se "è possibile ottenere un Sistema che distingua le curve, punisca solo coloro che dentro lo stadio, identificati pure dai satelliti, i disastri li fanno davvero e lasci alla maggioranza la libertà di andare a tifare dove vuole?". Il quesito di Pasini, lungi dall'essere retorica, pone una domanda che si connette all'idea di democrazia. E allora mi chiedo: Che cosa ha di democratico uno Stato che tratta tutti i tifosi come se fossero potenziali criminali? I tifosi, prima di essere appassionati della loro squadra, non sono cittadini con doveri e diritti? Oppure l'Italia non è più uno Stato di diritto?
Eppure per far funzionare il Sistema basterebbe far pagare chi sbaglia (in modo proporzionale al reato commesso); chi invece si comporta in modo corretto dovrebbe vedere i propri diritti rispettati. Invece no. Nella situazione attuale non esistono distinguo. Il "peccato" dell'essere tifoso è omologato al reato dell'ultras che devasta. Tutto questo perché? Per questioni di sicurezza, dimenticando che proprio in nome di questa (come nel caso della difesa nazionale), sono stati perpetrati alcuni tra i danni peggiori alla democrazia. Una sicurezza poi richiamata e innalzata a valore solo nei casi di emergenza estrema. Accade così nel calcio, ma accade così in tutte le vicende italiane (dalle "stragi del sabato sera" fino alla questione dei "romeni"). Eppure l'emergenza, che arriva alla gente da fatti contingenti, in realtà nasce da qualcosa di più profondo. Qualcosa a cui non si è messo un freno prima e che ora esplode in tutta la sua ferocia. Come la cronaca degli scontri tra ultrà e polizia di questi giorni, che ha solo reso manifesta una violenza che da Raciti era rimasta tra le quinte. E che lì dietro ha tramato, aspettando solo il momento giusto per esplodere. Pensare ora di risolvere tutto associando il "peccato" di essere tifosi con i reati commessi da criminali appartenenti troppo spesso a bande ultrà, non è parte di uno Stato civile. Inoltre chiudere le curve, inibire a chi ne ha voglia di andare in trasferta, possono essere strumenti utili sul momento (anche se la cosa va dimostrata), ma non risolvono nulla e non aiutano il calcio ad uscire dalla fossa in cui si trova. C'è bisogno invece di una strategia a lungo termine, fatta di buon senso e volontà. E che discrimini chi compie reati da chi non li fa. Perché tifare può essere un "peccato" ma non è reato.

mercoledì 21 novembre 2007

Se il calcio è morto lo è anche il Belpaese

Il blogger francescofacchini ha terminato il suo sciopero contro "qualsiasi forma di calcio come sistema di spettacolo e intrattenimento spinto", iniziato il giorno dopo la morte di Sandri. Ne sono lieto. Ho pensato molto alle sue parole nel post intitolato "Il Calcio è morto, facciamogli almeno il funerale". In generale sono d'accordo con la sua visione ma vorrei approfondire alcune questioni in evidenza.
Punto primo. Nel post lei ha citato una frase di Alessandro Nesta, il quale ha detto: "Di cosa ci stupiamo? Il calcio è esattamente lo specchio della nostra società". Sono d'accordo e siamo in molti a pensarla così caro francescofacchini (ad esempio Oliviero Beha è da almeno una ventina di anni che lo afferma). Ma naturalmente la cosa non può e non deve essere una giustificazione per chi, come gli ultrà, ha commesso illeciti che vanno puniti.
Punto secondo. Ha scritto che non vuole più nel suo blog raccontare le "animalesche" imprese degli ultrà: per "spegnere i riflettori dell'attenzione" e così farli smettere di esistere. La sua proposta ha precedenti illustri. Come McLuhan che nel '78 consigliò ai media italiani di non parlare delle Brigate Rosse che avevano appena sequestrato Moro. Condivido la sua scelta, probabilmente commentare le gesta infami degli ultrà porta a poco o a niente. Penso infatti che l'attenzione di un columnist (anche se su un blog) deve focalizzarsi sulle scelte che il potere politico, calcistico e istituzionale, attua per cercare di risolvere i problemi, dirimere le controversie. Ad esempio, in questi anni le scorribande del mondo ultrà (tanto per restare in tema, ma si potrebbe anche parlare della gestione del dopo calciopoli, di diritti tv, del doping sportivo e amministrativo, ecc.) hanno fatto cronaca. Ma mi chiedo, che cosa ha fatto di serio la nostra classe politica per risolverlo? Dopo Raciti il governo, sotto la pressione dell'opinione pubblica, ha messo i "tornelli", gli "steward", i biglietti nominativi. Eppure, come tutti sanno, le curve sono sempre terra di nessuno, dove i più "forti" dettano le proprie leggi. Inoltre, nonostante i nuovi dispositivi, nella curva atalantina di domenica 11 novembre è entrato addirittura un "tombino", poi usato per sfasciare il muro di plexiglass.
Infine. Lei ha proposto di chiudere il Calcio e ha scritto: "Poi lo sport esiste anche senza il calcio". Immagino che la sua sia una provocazione dettata dall'emotività che ha coinvolto un po' tutti. Comunque mi sento di dissentire. E allora le propongo: 'Perché non chiudiamo l'Italia? In fondo il mondo esistetebbe anche senza il Belpaese e le sparatorie di mafia e camorra'.
Il calcio non è solo violenza e affarismo così come il Paese non è solo mafia e corruzione. Il dovere di tutti quelli che vogliono dignità e giustizia, che si possono avere solo attraverso il rispetto di regole condivise, è proprio quello di denunciare, svelare, far capire.
Il calcio, come qualsiasi fatto sociale di una certa rilevanza, è indice di uno stato di cose. Ma è anche uno sport. I valori dello sport (la socialità, l'impegno, la sana sfida, il rispetto delle regole) sono infranti nel calcio. Ma non solo nel calcio. In tutte le sfere di questa società. Dove chi fa le regole è il primo ad aggirarle. Dove l'impegno - la meritocrazia - è umiliata dalla scelta clientelare. Dove la socialità è solo business e l'emozione merce da vendere. Il calcio, come la nostra Italia, non sta molto bene. E' dovere di tutti, in particolar modo è dovere della stampa e del sano giornalismo, impegnarsi affinché i valori dello sport, come quelli della democrazia, s'instaurino nella coscienza e nel vivere quotidiano. Questo Paese non varrà molto, ma è il nostro. Tutti ne abbiamo bisogno. Non si può alzare bandiera bianca...
Mastro
P.S.: La risposta di Francesco Facchini è disponibile cliccando qui.

lunedì 19 novembre 2007

Ritorna il grido: "forza, Italia!"

Grazie Silvio,
che hai deciso di fondare un nuovo partito e di sciogliere Forza Italia. Grazie per aver riconsegnato a tutti i tifosi della Nazionale il grido più bello perché spontaneo. Quel "forza, Italia!" che non si poteva più pronunciare con incoscienza senza temere di fare propaganda al tuo partito. Obbligando molti (tifosi, giornalisti, blogger, ecc.) a optare per i meno seducenti "forza azzurri" o "forza ragazzi". Ora tutto è finito, grazie e "forza, Italia!"
Mastro

domenica 18 novembre 2007

Italia va a Euro 2008

Con un colpo di testa di Panucci al 90' l'Italia stende la Scozia e stacca il biglietto per Euro 2008. Sotto una pioggia battente e un Hampden Park di Glasgow gremito, che spettacolo!, i Campioni del mondo hanno finalmente violato il tabù che ci voleva mai vittoriosi in terra scozzese. Una bella partita, dura ma corretta, contro un avversario che avremmo voluto vedere con noi in Austria al posto della Francia. Ora non resta che battere le Far Oer e arrivare primi nel girone... e solo per il piacere di vedere i nostri presuntuosi vicini di casa ancora una volta sotto.

mercoledì 14 novembre 2007

Un salto di qualità nella strategia ultras?



Ritorno sui fatti successivi alla morte di Sandri di domenica scorsa. Agli scontri di piazza e negli stadi, in particolare alla gestione della cosa da parte del Viminale e delle forze di polizia. Sui media italiani c’è stato un ampio dibattito in tema e in molti, io stesso in questo blog, hanno sentito la necessità di criticare il modo in cui è stata data la notizia della morte del giovane romano. Anche il Sindacato di Polizia ha accusato il Viminale (e le decisioni prese dall’ufficio stampa) di poca trasparenza nella diffusione delle notizie, cosa peraltro in parte responsabile della reazione ultrà. Fin qui tutti d’accordo mi pare. Ma a furia di biasimare le forze dell’ordine, non siamo stati in grado di riconoscerne i meriti. Pensate, che sarebbe accaduto se durante gli scontri un ultrà fosse stato ucciso o gravemente ferito?
In tema di comunicazione il Viminale ha certamente fatto degli errori. E nella società moderna la comunicazione è importantissima (cosa che tutti riconoscono senza la necessità di portare esempi), tanto che sono in molti a pensare ad un tentativo (forse maldestro) di occultamento della verità. Ma anche con una perfetta gestione informativa nessuno può scommettere che gli scontri non avrebbero avuto luogo lo stesso. Certo le probabilità forse sarebbero state minori, ma voglio ricordare che per “eccitare” l’animo delle bande ultrà basta poco. E quando quel poco neanche c’è se lo costruiscono da soli, come accaduto nel derby di Roma del 2004 (guarda post precedente).
Del perché i gruppi ultras solidarizzino tra di loro contro lo Stato ci sono diverse teorie. Business, affermazione politica o, viceversa, strumentalizzazione politica, conseguenza di uno spirito anti-statale tipicamente italiano, ecc. (Oliviero Beha ha sostenuto che "gli ultras non sono la parte malata di un Paese, bensì una parte del Paese malato cui metter mano molto più onestamente, energicamente e coralmente di quanto non si faccia, in un’emergenza che urla il suo principio di realtà nel calcio come altrove"). Ma ora che gli ultras, sia di destra che di sinistra, agiscono in modo coordinato, alcuni sostengono la tesi di una pianificazione degli scontri contro le 'guardie' al fine di solidificare i legami tra bande ultrà. In effetti la morte di Sandri ha provocato in tutte le bande un senso di solidarietà, rafforzando una comune appartenenza. Ad esempio nel posto dove è stato freddamente assassinato il giovane dj - figura ‘sacralizzata’ dagli ultrà nonostante a quanto sembra non fosse uno di loro - ci sono sciarpe e bandiere di tutte le squadre. A Roma in piazza c’erano ultrà romanisti e laziali insieme. Lo stesso ai funerali. Secondo uno studio dalla stagione 2005-2006 al 2006-2007, sono aumentati gli scontri con le forze di polizia e più che triplicati gli agenti feriti; sono invece diminuiti gli scontri tra diverse bande ultras e i tifosi feriti in scontri tra loro sono scesi del 20% (Fonte: Osservatorio Naz. Sulle Manifestazioni sportive del Min. Interno). Un dato preoccupante, tanto che un noto sociologo, Franco Ferrarotti, intervistato dal ‘Corriere della Sera’ di ieri, ha parlato di “salto di qualità” nella strategia ultras. Se così fosse, è necessario mettere in guardia coloro che ancora associano il mondo ultrà al calcio. Se così fosse, gli ultrà userebbero il calcio solo come uno strumento per fare proseliti tra i tifosi e per guadagnare visibilità mediatica. E' allora tempo che la politica si prenda le sue responsabilità e inizi a fare del calcio uno sport, non un Far West, non un mondo dove conta solo il business . "Perché- come ha scritto Beha- da questa domenica non esce l’immagine di un Paese in cui è avvenuto “un tragico errore” bensì quella di un Paese sconvolto, attraverso il calcio ma non solo".

lunedì 12 novembre 2007

Una domenica di ordinaria follia

"L’agente della polizia stradale che ha ucciso Gabriele Sandri non si è accorto della rissa. Nemmeno ha intuito che, nell’area di servizio Badia al Pino lungo l’A1, due piccoli gruppi di juventini e laziali se le erano appena date di santa ragione. L’agente è stato messo sul chi vive dal parapiglia. Era lontano, dall’altra parte della carreggiata. C’è chi dice duecento metri, chi cento, in linea d’aria. Ha sentito urla e grida. Ha visto un fuggi fuggi e un’auto che velocemente – o così gli è parso – si allontanava dall’area di servizio. Ha pensato a una rapina al benzinaio. Ha azionato la sirena. L’auto non si è fermata. Ha sparato. Ha ucciso.”

Questa la ricostruzione, secondo il quotidiano La Repubblica , della triste vicenda della morte di Gabriele Sandri, il giovane tifoso della Lazio al seguito dei propri beniamini, ucciso da un colpo d’arma da fuoco da un poliziotto della stradale in un autogrill nei pressi di Arezzo. Se sono buone le fonti de La Repubblica e quindi se è vero il testo sopra citato, la tragedia di ieri, come ha scritto Giuseppe D’Avanzo, “poteva non avere come canovaccio principale la violenza che affligge il mondo del calcio ma, più coerentemente, il caso la probabilità, l’errore”. Ho pensato molto, tra ieri e oggi, se scrivere della vicenda di ieri. Poi mi sono deciso. Perché se, come ha sostenuto D’Avanzo, l’omicidio di Sandri non riguarda il mondo del calcio tout court, i successivi fatti di cronaca, lo scoppio di disordini generalizzati in tutta la penisola (con protagonisti da una parte le forze dell’ordine e dall’altro gli ultras), purtroppo lo sono: non è la prima volta che accade, speriamo che sia l’ultima.

Forze di polizia vs ultras
Mentre nei pressi dell’autogrill di Badia al Pino un colpo d’arma da fuoco poneva fine alla vita di Gabriele “Gabbo” Sandri, in tutta Italia s’innescava una spirale di violenza: sospese le partite Atalanta-Milan dopo 7’ e Taranto-Massese dopo 13’ per le intemperanze dei propri tifosi; caserme della polizia assaltate a Milano e Roma da bande di ultrà alleate in una perversa caccia al poliziotto; e così via, in una domenica di ordinaria follia. Che fa riemergere prepotentemente la questione, irrisolta, tra ultras e forze di polizia. “Tutte le tifoserie unite contro gli sbirri, non ci fermerà più nessuno”, “10, 100, 1000 Raciti”: sono solo alcune delle minacce di alcuni ultrà che si possono trovare sul web, mentre sugli stessi siti c’è in generale una tendenza a “sacralizzare” la morte di Sandri, come se fosse un compagno che ha perso la vita in battaglia (forse il giovane era invece solo un simpatizzante di una squadra di calcio, come in Italia siamo un po’ tutti, e che amava fare con gli amici una scampagnata, un pranzo, e poi vedere la partita e tornarsene tranquillamente a casa). Una santificazione simile, anche se con alcune differenze sostanziali, a quella di Raciti: per questo non è un caso se uno degli slogan di un gruppo di ultras della Lazio è stato proprio contro il poliziotto ucciso a Catania (mi riferisco al vergognoso 10,100,1000 Raciti). “Come se Raciti e Sandri- ha scritto D’Avanzo- fossero i caduti su fronti opposti di una allucinata guerra, dichiarata tanto tempo fa e ancora in corso, domenica dopo domenica, scontro dopo scontro, carica dopo carica”.
Ritengo che questa forma di terrore, o orrore, domenicale, debba cessare. L'odio degli ultrà verso la polizia non è facilmente comprensibile. Sono stati scritti alcuni saggi sul tema (ne proporrò una lista prima o poi), ma in altri paesi la letteratura è ben più vasta (come in Inghilterra dove il problema Hooligans sembra sia stato risolto). In sostanza l'odio verso le forze dell'ordine è presente nella mentalità ultras fin dalle origini, in quegli Anni 70 (c'è però chi sostiene che le radici dell'odio siano molto più antiche), quando la protesta sociale e la violenza di un mondo, quello giovanile, non accettava più l’autorità dei propri padri (il padre, l’insegnante, il tutore dell’ordine, il politico, ecc.). Un tifo organizzato con una forte connotazione politica estrema, sia di destra (che oggi sono la maggior parte) che di sinistra. Ha scritto in proposito John Foot, insegnante di Storia presso il Dipartimento di italiano dell’University College di Londra, nonché grande appassionato di Calcio (italiano), sul suo libro “Calcio: storia dello sport che ha fatto l’Italia” (2007, ed. Rizzoli pag. 355) :
“Tutti i gruppi ultrà – di destra o di sinistra – si organizzano attraverso forti gerarchie, vivendo quasi come unità militari, in particolare durante le partite. I loro nemici erano gli altri tifosi e i poliziotti, descritti spesso come ‘assassini’. Uno striscione esposto dagli ultrà del Cosenza riassunse questa filosofia: ‘Basta con la violenza. Via la polizia dagli stadi’. Come tutte le tribù, gli ultrà avevano i loro trofei, miti eroici o martiri. Gli aneddoti, le vicende – spesso tramandati oralmente o raccontati su fanzine o su siti internet – di solito riguardavano scontri con altre tifoserie. E visto lo schieramento di forze di polizia presenti allo stadio, le risse avvenivano altrove: per strada, alle stazioni e soprattutto presso gli autogrill, i veri campi di battaglia degli ultrà negli Anni 80 e 90. I miti ultrà esaltavano il coraggio e stigmatizzavano la codardia. Molti canti accusavano infatti i tifosi rivali di sfuggire al confronto fisico”.
Secondo l’esimio professore il tifo degli ultras può inoltre essere paragonato ad un credo religioso. “Sia i tifosi che i fedeli- ha scritto Foot- partecipano a riti fisici e ideologici, e vestono in modo preciso, spesso immutabile. Questi rituali sono anche verbali; si pensi solo alla ripetizione di determinati canti, sotto la guida di leader carismatici. I tifosi si ritengono parte di una ‘fede’. È qualcosa cui non possono rinunciare, neanche volendo, e che li accompagnerà fino alla tomba, talvolta oltre(...). Questi riti sono più importanti della partita stessa. Nella loro visione del mondo la storia è stata abolita, rimpiazzata da una serie di miti e cerimonie autoreferenziali”. Talvolta il loro modo di operare produce elementi positivi nel folklore calcistico, come ad esempio le coreografie (peraltro baluardo della retorica politica di Mussolini). In generale sono delle organizzazioni paramilitari che cercano consenso esterno e interno. E gli scontri con le "guardie" sono parte integrante della loro ideologia. Come ha scritto Edmondo Berselli in La Repubblica del 24.3.2004, gli scontri con la polizia diventano “un momento simbolico potentissimo, modulabile dal minimo coro: ‘mestiere di merda/carabiniere’, al massimo, cioè l’attacco, gli incendi, i vandalismi, il conflitto aperto con tecniche di guerriglia urbana”.
Gli ultrà, con la loro "politica", hanno dimostrato spesso la loro forza, almeno all'interno di uno stadio. Come nel derby di Roma del 2004, quando si diffuse la falsa notizia dell'uccisione di un bambino da parte della polizia. Ero presente alla cosa e mi ricordo gli appelli alla calma dell'allora prefetto di Roma Achille Serra, sostenuto da un alcuni rappresentanti di Roma e Lazio. Ricordo che il prefetto aveva detto che non era stato ucciso nessuno. Ma alla fine prevalse la linea degli ultras che invocavano la sospensione della partita (con i successivi scontri con la polizia nei pressi del foro italico), nonostante la notizia era, come il prefetto aveva esplicitamente sostenuto, falsa. La gente, i giocatori in campo, forse lo stesso presidente di Lega, avevano creduto agli ultrà e non allo Stato.

Per concludere torniamo alla vicenda dell'autogrill di ieri. D'Avanzo nel suo articolo alla Repubblica, sempre se la ricostruzione fatta dal quotidiano sia vera, ha scritto un duro atto d'accusa verso la polizia per come ha gestito la diffusione delle informazioni date alla stampa. "Consapevole che non di calcio si trattava- ha scritto D'Avanzo-, ma del tragico deficit professionale di un agente lungo un’autostrada, il Viminale non ha ritenuto di dover fermare le partite muovendo l’ennesimo passo falso di un’infelice domenica. Il racconto contraffatto è stato accreditato di ora in ora senza correzioni. Rilanciato e amplificato dai media, ha acceso come una fiamma in quella polveriera che sono i rapporti tra le forze dell’ordine e l’area più violenta degli stadi, prima e soprattutto dopo la morte di Filippo Raciti a Catania. L’illogica catena di errori, malintesi, confusioni, silenzio e furbe manipolazioni – non degne di un governo trasparente, non coerenti con una polizia cristallina – ha trasformato la morte di Sandri in altro. L’ha declinata come ‘morte di calcio’. È diventata una ‘chiamata’ per l’orgoglio tribale degli ultras che, incapaci di esaurire la loro identità in una passione, a vivere il calcio come una buona, adrenalinica emozione, hanno bisogno solo di odiare, di posare a guerrieri, di mimare la partita come protesta e battaglia”.
La ricostruzione di Repubblica è in effetti molto diversa da quella della Polizia di Stato. Nel comunicato emesso dall'ufficio stampa del Viminale infatti si parla di una baruffa, scoppiata verso le 9, tra ultrà e sedata da un poliziotto che ha esploso due colpi in aria. Nel mezzo un buco informativo (come insegnano negli ufficio stampa: In una situazione di crisi omettete le parti spinose), poi si parla del ragazzo deceduto. Una strategia che non ha soddisfatto il desiderio di trasparenza che il caso obbligava (perché la polizia sapeva già alle 12 - l'ora in cui è stato emesso il comunicato ufficiale - tutta la storia, visto che aveva già dalla mattina a disposizione le testimonianze dei presenti e i filmati della telecamera dell’area di servizio). E forse associando la morte di Gabriele agli 'ultrà che si pesta all'autogrill', ha innescato la violenza per le strade e negli stadi. Una conseguenza prevedibile, perché questi gruppi sono sempre pronti a sfruttare ogni occasione buona per innescare la violenza contro la polizia. Una violenza che dà anche molta visibilità. E che porta a strumentalizzare anche la morte di uno che col mondo ultrà non c'entra niente, ucciso (forse) per errore da un gesto folle di un agente di polizia. Che forse pensava di essere Bruce Willis e non un degno rappresentante della divisa che indossa.

sabato 10 novembre 2007

2010: l'anno del contratto tv



Con un fondo su "La Gazzetta dello Sport", Ruggiero Palombo ha annunciato che grazie al D.Lgs varato ieri dal Consiglio dei ministri per la ripartizione dei diritti tv, da luglio 2010 il campionato di calcio sarà per tutti i partecipanti "ad armi un po' più pari". "Se tutti- ha precisato Palombo-, legislatori, dirigenti del calcio, televisioni, avranno compiuto per intero il loro dovere, quel giorno (il 1 luglio 2010 ndr) per la serie A comincerà una nuova era. Fatta di maggiore equilibrio e della possibilità, se non di sognare scudetti, di competere ad armi un pochino meno impari. Questo è un primo importante passo nella direzione giusta". Non so ancora dire se il testo approvato produrrà sostanziali cambiamenti nel calcio, verso un maggiore equilibrio, ma posso convenire con l'autorevole editorialista della Gazzetta che questa è, o sarebbe, la strada giusta da percorrere. Perché al di là di interessi di parte, il calcio, in ogni suo aspetto, è un gioco di squadra. E un campionato non lo giocano solo Juve, Inter e Milan, ma tutte le formazioni iscritte alla serie A. E queste hanno il diritto di non essere solo sparring partner di turno contro le più blasonate avversarie, ma devono avere almeno una chance di vittoria. E la cosa può accadere solo allocando le risorse economiche, come credo tutti abbiano capito da tempo. In linea di principio il discorso fila. Ma in Italia, si sa, le cose non sono mai quelle che sembrano. Così Maurizio Galdi, sempre sulla Gazzetta, ha spiegato che nei prossimi due anni, cioé durante il c.d. periodo transitorio, "dovrà essere trovato un accordo per la spartizione dei diritti tra la serie A, la serie B e la mutualità verso i vivai". Un accordo che non sarà poi così facile da raggiungere, tanto che Mario Moroni, consigliere federale per la serie B, ha già lanciato un grido d'allarme sul futuro della B. "La serie B rischia il fallimento- ha detto Moroni a Gazzetta senza usare mezzi termini- e il governo deve prendersi la responsabilità di ciò. Vuole che scompaia il calcio nell'Italia dei cento campanili? Spero di no...". A questo punto c'è da chiedersi come il governo risolverà l'impasse. Non conosco il futuro e non ho una risposta certa. Ma scommetteri qualche euro che il governo italiano, piuttosto che filare dritto per la sua strada, seguirà la via più praticata nel Belpaese: quella del compromesso. Un sentiero dove talvolta per non scontentare qualcuno si scontentano un po' tutti.

venerdì 9 novembre 2007

Il più bel gioco del mondo

"Ora il calcio, diciamolo subito, è il più bel gioco del mondo". Gianni Brera amava definirlo semplicemente così. E a coloro che gli dicevano che stava esagerando, rispodeva: "Per il calcio ho letteralmente delirato da ragazzino e in seguito, anche da grande. Per il calcio deliro persino oggi, che ho figli ormai in condizione di trasformarmi in nonno". Una passione profonda, la stessa che milioni di persone hanno provato e continuano a provare. Questo blog è dedicato a loro. Uno spazio per condivedere e approfondire insieme le storie, le news e i tanti temi che circodano il "mondo del pallone". Senza considerarlo un aspetto minore e un po' superficiale della nostra società. Perché il calcio è, con pieno diritto, parte della storia del nostro paese. I suoi vizi e le sue virtù sono le stesse di noi italiani. Del nostro modo d'essere, della nostra civiltà.