venerdì 21 marzo 2008

Il punto. La sentenza del TAR su Luciano Moggi


Dopo la sentenza del Tar del Lazio - che mercoledì scorso si è pronunciato in merito agli atti della Caf su Calciopoli e sull'inibizione di 5 anni inflitta a Lucky Luciano, ritenendoli provvedimenti del tutto legittimi - il Moggi non potrà più andare in giro a dire che è stato vittima di un processo illecito. Un processo che secondo l'ex ferroviere aveva ingiustamente assommato tanti art.1 (slealtà sportiva) per totalizzare un art.6 (illecito sportivo - che è anche un reato penale, ndr); un risultato che i suoi avvocati avevano stigmatizzato in uno slogan: "Tanti piccoli reati non fanno un omicidio".

In questo blog, noi che le sentenze sportive le leggiamo, avevamo a più riprese denunciato questa disinformatja, o il suo tentativo, che Moggi e il suo clan stavano cercando di operare, demistificando quanto espresso dalla giustizia sportiva. Intendiamoci: il Moggi poteva e può interpretare come vuole le sanzioni a lui ascritte. Ci chiedevamo solo come mai nessuno lo avesse mai contraddetto. Nè i lettori di Libero e Petrus, nè i conduttori delle numerose trasmissioni tv in cui è stato ospite.
Ora il Tar gli ha dato torto e Moggi, solitamente logorroico da quando è scoppiato lo scandalo, non ha rilasciato dichiarazione alcuna. Certamente ricorrerà al Consiglio di Stato, ma questo è un altro paio di maniche. Per il momento, non conoscendo le contromosse che lui e il suo 'staff' stanno preparando, soffermiamoci sulla sentenza di mercoledì. I punti focali sembra siano sostanzialmente tre: 1) sull'alterazione della classifica del campionato 2004-2005; 2) sul difetto di giurisdizione; 3) se la Juve avesse fatto bene oppure no a ricorrere (per legittimo interesse) al Tar.

1) Da ogni pulpito mediatico (internet, stampa, tv e radio; insomma, nessuno escuso), il Moggi ha sempre sostenuto di essere stato condannato dalla giutizia sportiva a 5 anni di inibizione da tutte le cariche federali 'solo' per aver commesso 'reati' di slealtà sportiva (art.1) e non di illecito (art.6), reato peraltro penalmente rilevante. Con la sentenza di mercoledì, il Tar ha invece respinto "l'assioma moggiano", facendo chiarezza in materia. "Per illecito sportivo- ha scritto il Tar nella sentenza motivata di 33 pagine- si è inteso qualificare e severamente sanzionare non solo l'avvenuta alterazione, con mezzi fraudolenti, del risultato sportivo, ma, a monte e innanzitutto, la creazione di una struttura sapientemente articolata e fondata su interessati rapporti con i centri decisionali della federazione e della classe arbitrale". Questa struttura secondo i giudici del Tar aveva lo scopo "di ingenarare a suo favore una situazione di sudditanza psicologica da parte sia degli arbitri, condizionandone l'operato a mezzo dello strumento delle designazioni affidate a persone facenti parte della struttura su menzionata (le famigerate 'griglie', ndr), che delle altre società, boicottandole non solo sul piano strettamente competitivo ma anche su quello del mercato delle acquisizioni" (in quest'ultimo caso, il riferimento è alla Gea World, ndr). Sempre secondo il Tar, la c.d. sudditanza psicologica era "realizzata attraverso il concorso di un arbitro compiacente e disponibile a non vedere all'occorrenza falli compiuti sul campo da giocatori della società protetta (non solo la Juve, ndr) e a intervenire con severità su quelli, esistenti o no, imputati ai giocatori della squadra avversaria". "In sostanza- ha proseguito il Tar nella sua sentenza- l'illecito sportivo si configura come illecito di pericolo, a consumazione anticipata, concretandosi nel compimento, con qualsiasi mezzo, di atti funzionalmente preordinati ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara, ovvero assicurare un vantaggio in classifica". Inoltre, come ha sritto Corrado Zunino su La Repubblica, il Tar ha anche ritenuto che le prove, anche se derivanti 'solo' da intecettazioni telefoniche, sono "certamente sufficienti a supportare l'intero impianto accusatorio".

2) La seconda questione che gli avvocati dell'ex ferroviere di Civitavecchia hanno sollevato in aula, è relativa al "difetto di giurisdizione", ovvero se la Procura Federale fosse competente o meno a giudicare il Moggi, visto che s'era dimesso dalla carica di direttore generale della Juve prima di diventare l'imputato numero 1 del processo sportivo davanti alla Caf. Ebbene, anche su questo punto il Tar non ha avuto dubbi e ha scritto: "le sanzioni in questione, per la loro particolare natura assumono rilevanza anche al di fuori dell'ordinamento sportivo ove solo si considerino non solo i riflessi sul piano economico (il ricorrente potrebbe essere chiamato a rispondere, a titolo risarcitorio, sia dalla Juventus, società quotata in Borsa, sia dai singoli azionisti - cosa che però non è avvenuta, ndr) ma anche e soprattutto il giudizio di disvalore che da detta sanzione discende sulla personalità del soggetto in questione in tutti i rapporti sociali". Per il Tar quindi non c'è stato alcun "difetto di giurisdizione".

3) Infine una considerazione. Il Corriere dello Sport di ieri, in un articolo apparso a pag. 27 e non firmato, ha messo in evidenza quanto a suo tempo la Juve abbia fatto bene a rinunciare a ricorrere al Tar per annullare la sentanza su Calciopoli. I bianconeri, alla luce di quanto sentenziato mercoledì, avrebbero infatti avuto torto e dunque subito sanzioni ancora più pesanti di quelle ricevute (la B, i punti di penalità e 2 scudetti). Non ricorrendo invece, Cobolli Gigli è riuscito a ottenere uno sconto di 8 punti in Camera di Conciliazione del Coni, il quale ha voluto premiare il 'cambio di rotta' della società bianconera e la sua assunsione di responsabilità finalizzata ad aprire un nuovo ciclo, finalmente virtuoso. Tutto quello che Moggi invece non vuol proprio fare.

mercoledì 19 marzo 2008

Il Tar respinge il ricorso Moggi

Fonte: gazzetta.it

ROMA, 19 marzo 2008 - Il Tar del Lazio ha ritenuto legittimi gli atti che hanno portato alla sanzione dell'inibizione per cinque anni da tutte le cariche federali e l'ammenda di 50 mila euro inflitta nel luglio 2006 all'ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi nell'ambito del processo di Calciopoli. I giudici della III sezione ter, presieduti da Italo Riggio, infatti, hanno emesso la loro sentenza con la quale hanno respinto il ricorso amministrativo proposto dallo stesso Moggi per contestare quella decisione.
RICORSO - Luciano Moggi si era rivolto al Tar del Lazio per impugnare la decisione della Corte federale della Figc del 25 luglio 2006, nella parte in cui è stata confermata la sanzione inflitta nei suoi confronti dalla Commissione d'appello federale il 14 luglio 2006. Ma anche dell'inibizione per cinque anni dai ranghi federali, con proposta di radiazione dalla Figc, e l'ammenda di 50 mila euro per illecito sportivo commesso nel periodo in cui era d.g della Juventus nonchè il lodo arbitrale del 7 marzo 2006 con il quale la Camera di conciliazione e arbitrato dello sport ha dichiarato la propria incompetenza a decidere sulla controversia creata contro la decisione della Corte federale.
MOTIVAZIONI - I giudici amministrativi hanno ritenuto non condivisibile l'eccezione del difetto di giurisdizione in quanto "le sanzioni in questione per la loro natura assumono rilevanza anche al di fuori dell'ordinamento sportivo ove solo si considerino non soltanto i riflessi sul piano economico (il ricorrente potrebbe essere chiamato a rispondere, a titolo risarcitorio, sia alla Juventus, società quotata in Borsa, che ai singoli azionisti) ma anche e soprattutto il giudizio di disvalore che da detta sanzione discende sulla personalità del soggetto in questione in tutti i rapporti sociali. Dunque, le impugnate sanzioni disciplinari sportive, in sè considerate, sono certo rilevanti per l'ordinamento sportivo, ma intingono altresì su posizioni regolate dall'ordinamento generale, onde la relativa tutela spetta a questo giudice".

mercoledì 12 marzo 2008

Il ritorno del Ciarra

Da quando ha rilasciato quell'intervista ad Antonello Caporale, apparsa su La Repubblica di lunedì scorso, e nella quale si è dichiarato "fascista", Giuseppe Ciarrapico è diventato l'epicentro della politica italiana. Ed esserlo nel momento più alto della vita democratica di una Nazione, come sono appunto le elezioni, non è cosa da poco. E chi se lo sarrebbe immaginato uno così al centro della vita pubblica italiana? Pensare che quand'era presidente della Roma, i suoi tifosi non vedevano l'ora che girasse i tacchi e se ne andasse a far danni da qualche altra parte. E invece...
Su di lui, ora che il Cavaliere l'ha candidato nel PDL, s'accaniscono un po' tutti. Secondo Veltroni è impresentabile perché "rivendica la continuità col fascismo"; Fini e La Russa poi, si dicono "perplessi" e mettono le mani avanti: "Candidarlo non è stata una nostra scelta, non ne sapevamo niente". Il Berlusca invece difende il suo candidato dagli attacchi e dice: "E' uno goliardico, pare Aldo Fabrizi. E poi ha importanti giornali che possono far comodo" (tra i maggiori, Latina oggi e Ciociaria oggi). Che a Ciarrapico gli scherzi piacciano è certamente un fatto: è stato lui infatti a far affiggere i manifesti che ritraggono Fini che fa il saluto romano, apparsi a Roma nell'ottobre scorso. E fu ancora lui, quand'era nel commercio delle acque minerali a vendere alla Parmalat (poi fallita a scapito dei piccoli azionisti) le sorgenti che, come disse Tanzi, "non valevano nulla" per 35 miliardi di lire, grazie all'intermediazione (o al ricatto, fate voi) di Geronzi e della Banca di Roma.
Nella bufera in cui è finito, Giuseppe Ciarrapico non solo non ha fatto l'atteso dietrofront, ma ha ribadito la sua fede fascista attaccando i denigratori. Di Fini ha detto che "è uno sguattero, che in pubblico mi dà del fascista e in privato m'invita a pranzo, così come Alemanno e Mattioli". L'ex presidente giallorosso ha inoltre smentito AN: "Berlusconi ha detto che AN era informata e d'accordo sulla mia candidatura. Beh, ha detto la verità".
Tra accuse e controaccuse, dunque, il tormentone Ciarrapico fascista prosegue, perdendo di vista il vero punto della questione: cioè i guai giudiziari che il Nostro ha avuto per circa un decennio. Su Mani Sporche (ed. Chierelettere) alla voce Ciarrapico sta scritto: "più volte arrestato, condannato a 3 anni definitivi per il crac da 70 miliardi della Casina Valadier (ricettazione fallimentare) e ad altri 4 e mezzo per il crac Ambrosiano (bancarotta fraudolenta)". Un nodo che evidentemente nessuno vuol toccare, visto che in un modo o nell'altro tutti i partiti hanno qualche scheletro nascosto (neanche troppo) nell'armadio. Casini ha il problema Cuffaro, Veltroni quello dell'Unipol, la Lega la Popolare Credieuronord e Fazio, eccetera...
Ma come sempre la vicenda più interessante è quella che s'avviluppa sull'asse Berlusconi-Ciarrapico. Del resto la nostra non è una "Repubblica fondata sul ricatto"? Molti ricorderanno che Ciarrapico fu nel lontano 1989 il mediatore mandato da Andreotti a dirimere la controversia tra De Benedetti e Berlusconi per la spartizione della Mondadori. Una spartizione da cui il Cavaliere uscì trionfatore, anche perché aveva comprato la sentenza Metta (per 400 milioni di lire) che annullava l'ormai famoso Lodo Mondadori (una sorta di precontratto che De Benedetti aveva con gli eredi della Mondadori per acquisire la società).
Ciarrapico quindi entra nel partito delle impunità, come il suo amico Previti del resto. Questo lo scandalo su cui si dovrebbe far luce e non sull'essere fascista, cosa che ormai fa solo sorridere. Anzi, trovo pure simpatico questo Ciarrapico che rivendica il suo passato. Meglio di quelli che fino a ieri andavano a Predappio a pregare sulla tomba del Duce e oggi negano l'innegabile. In fondo, come ha detto la vedova Almirante, "se si sente fascista, che danno produce? Che male può fare?". E infatti, come fascista Ciarrapico danni non ne può fare, ma per il resto, beh, è meglio che lasciamo stare...
P.S.: Un amico m'ha fatto notare che nel post non ho menzionato quel conflitto d'interessi che l'editore Ciarrapico porterebbe inevitabilmente con se qualora fosse eletto in Parlamento. Una giusta precisazione, su un tema caro, purtroppo, solo a una minoranza di italiani.
P.S.2: Per conoscere la Ciarrapico Story clicca qui.

sabato 8 marzo 2008

Le predizioni del Cavaliere

Ieri sera ho appreso da un amico, che il Berlusca, solo pochi giorni fa, sembra abbia predetto una finale Champions tra Milan e Real Madrid. Come le cose siano andate poi a finire, è sotto gli occhi di tutti. Ora non resta che aspettare le prossime elezioni.

giovedì 6 marzo 2008

Vucinic, il cigno del "Santiago Bernabeu"

Ve la ricordate la storia del brutto anatroccolo di Hans Christian Andersen? Beh, sembra tagliata su misura per uno come Mirko Vucinic, che da ieri è diventato per tutti i tifosi della Roma l'eroe di Madrid. Entrato al 20' del secondo tempo, l'anatroccolo, con una serie di giocate da campionissimo (la traversa, il dribbling su Pepe che è costato al madridista il fallo del secondo giallo, il gol e tanto altro ancora), s'è di colpo scoperto cigno, mandando in visibilio i 6000 tifosi giallorossi presenti al Bernabeu. E dire che nella Capitale (o sulla "stampa capitale") in molti lo giudicavano un brocco, da rispedire al mittente (visto che è in compropietà tra Roma e Lecce) al più presto possibile. Oggi, magia del calcio giocato e dell'ipocrisia pallonara, è un campione. Uno di quelli che fa la differenza, che pure se gioca uno spezzone di partita diventa decisivo. Classe, forza fisica, intelligenza tattica e chi più ne ha più ne metta. Eppure contro l'Inter, s'era visto che era in gran forma. E s'era pure capito che se Spalletti non l'avesse tolto (per Giuly) forse i giallorossi sarebbero tornati dal "Meazza" con una vittoria, e senza le immancabili polemiche contro questa classe arbitrale, comunque indifendibile. Al Bernabeu, invece, il tecnico giallorosso non ha sbagliato nulla: schierando dal 1' Aquilani (indimenticabile il gran il tiro da 30 metri che s'è stampato sulla traversa) e Cicinho; poi, nel corso della partita, azzeccando le sostituzioni di Vucinic e di Panucci (suo l'assist del gol vittoria).
A ogni modo, sono contento per questo montenegrino di ventiquattr'anni, che gioca e non si lamenta. Che non dice d'esser stato fuori per un brutto infortunio, che lo ha costretto in purgatorio tutto lo scorso anno, e d'aver subito diverse ricadute anche in questa stagione. Contento per lui e per questa Roma. Giovane e "vera", che ha compiuto l'impresa di battere il Real nel prorio tempio, unica italiana ad averlo fatto per due volte nella sua storia. Una squadra che, a meno d'un miracolo dell'Inter, sarà l'unica rappresentante del calcio italiano nei quarti di Champions. E allora "daje Roma, facce sognà". (sotto, il video creato da Alberto Verdegiglio con i migliori gol di Vucinic prima di Real-Roma)

Sul conflitto d'interessi tra Montezemolo e la Ferrari

Che c'entra Luca di Montezemolo con la candidatura di Paola Ferrari nelle liste della Destra di Storace e la prima pagina del Corriere della Sera? Una domanda che mi sono posto dopo aver letto il post su Behablog dello stesso Oliviero Beha intitolato Un'altra Ferrari per Montezemolo. A "Zorro" ho anche scritto qualche giorno fa, chiedendo delucidazioni sull'intricata relazione, ma non ho avuto alcuna risposta. Avrei potuto chiudere lì la cosa, ma la questione continua a incuriosirmi. Di seguito ho postato il post di Beha: se qualcuno avesse idea di cosa c'è sotto (se sotto ci fosse davvero qualcosa) sarei felice me ne rendesse partecipe. Grazie.
Con tempismo e coraggio Luca di Montezemolo, presidente di Confindustria, della Fiat, della Ferrari ecc.ecc. ha tuonato da Verona: ”I politici raccontino qual è la verita”. Siamo in emergenza, no? Gli risponde subito la Destra di Storace e Santanché, candidando il volto noto della conduttrice tv Paola Ferrari. Dunque con il prossimo Parlamento potrebbe essere proprio la bionda Ferrari a dover raccontare la verità a Montezemolo. Dice: ma che ne sa della “verità” e dell’emergenza-Paese questa Ferrari qui? Non ha fatto finora solo il volto femminile del calcio Rai e al massimo la moglie di Marco De Benedetti, amministratore delegato di Tim, sponsor dei campionati sulla tv di stato mentre la moglie ne parlava da quegli stessi monoscopi? Ne sa, ne sa… chissà quante ne sa. Se no vari giornali, con uno dei quali tra le sue tante cariche ha qualcosa a che vedere il suddetto Montezemolo, in un momento in cui succede di tutto non avrebbero certamente schiaffato in prima pagina questa affascinante candidatura. Per induzione è evidente che ci deve essere sotto dell’altro, che tutto ciò sia pure di sghimbescio allude al rapporto morganatico e interdipendente tra tv e politica, al conflitto di interessi epidemico, alla “verità” nel profondo di cui Montezemolo chiede la resa dei conti. Alla Ferrari, insomma…

sabato 1 marzo 2008

La Ferrari con la guida a Destra


La tosattiana Paola Ferrari lascia la "Domenica Sportiva" e si butta in politica, candidata nel Lazio per la "Destra" di Storace e della sua amica Daniela Santanchè. Una scelta che, come ha rivelato la stessa conduttrice al Corriere della Sera di ieri, presto potrebbe essere condivisa anche dal "londinese" Flavio Briatore, neo co-proprietario del QPR e "campione del mondo" di F1. Il duo Benetton-Ferrari dunque scalda i motori per una nuova sfida, stavolta nel barnum politico, bisognoso di rigenerarsi attraverso i valori dello sport. "I miei obiettivi- ha detto la Ferrari- saranno i giovani, i minori e lo sport. Di fare in modo che i giovani possano comprarsi casa, tutelare i più deboli, portare nelle scuole un'educazione sportiva che faccia crescere ideali di lealtà e appartenenza". E infine l'immancabile slogan di "Daniela", "l'Italia agli italiani", in cui la "cavallina" ha detto di riconoscersi appieno.
Stando alle parole dell'ex conduttrice della DS, dunque, l'obiettivo (il target) della sua campagna politico-mediatica dovrebbero essere, grossomodo, quei giovani di estrema destra che affollano le Curve calciofile; per intenderci, quegli stessi ultrà che dopo gli scontri di piazza a Roma e Milano dell'11 novembre, il sociologo di fama internazionale Franco Ferrarotti sul Corriere della Sera (del 13 novembre 2007), aveva immaginato vicini (parlò di una saldatura) con il partito di Storace, per un'allenza creata "con l'obiettivo preciso di sferrare un attacco al potere". Quei giovani che la sua amica Daniela Santanchè ha definito giovedì scorso nel corso della trasmissione tv Annozero, ricchi di valori morali e ideali, e perché no? etici, che fanno politica attiva invece di passare il tempo a drogarsi. Ragazzi come quelli del bar Excalibur di piazza Vescovio, o della vicina sede di Forza Nuova, arrestati in 21 'solo' per aver pianificato l'attacco a Villa Ada, armati di bastoni e coltelli, dov'era in programma un concerto della Banda Bassotti; e per aver assaltato la caserma di polizia di via Guido Reni dopo l'assassinio di Gabriele Sandri; e per aver pianificato, dopo l'omicidio Reggiani, di bruciare un campo rom a Tor di Quinto, senza riuscirci peraltro (per conoscere i nomi dei rei e le accuse che la Procura gli ha contestato, clicca qui). Insomma, giovani di buone speranze, che hanno nel loro dna i valori sportivi, come si evince anche dal documento sequestrato loro nel 2004. Una specie di manifesto programmatico, con lo stadio trasformato nelle intenzioni (e poi anche di fatto) in una sorta di ufficio reclute, per inquadrare giovani soldatini utili alla causa politica. Questo un brano tratto da Il Messaggero del 27 febbraio di quel documento:
"La mentalità opposta dell'ultras moderno, ribelle alle regole imposte da un sistema di vita ormai privo di valori ideali, non ha miti nè fa di un gioco una ragione di vita, ma di certo sfrutta il palcoscenico che una partita di calcio offre per tirare fuori lo spirito ribelle che è in lui. L'ultras opposto non è schiavo di nessuno, combatte l'arroganza di chi indossa una divisa e l'ipocrisia di una certa stampa in malafede".

Insomma, se fossero davvero questi i valori dello sport che la Ferrari andrebbe a rappresentare in Parlamento, beh, stiamo freschi... Ma non sarà così, non c'è pericolo. La moglie di De Benedetti ha altri interessi da tutelare, che poi non è detto che siano migliori di quelli preannunciati. Interessi che rimandano inevitabilmente al potere mediatico della tv e a quello delle telecomunicazioni, desiderosi d'accaparrarsi un altro pezzo di Sistema politico. Come se quello che già si sono mangiato, non fosse abbastanza.