mercoledì 30 gennaio 2008

Moggi querela "Repubblica" a "Markette" (per l'articolo sullo Ior di Maltese)

Ospite della trasmissione tv Marckette, Luciano Moggi non ce l'ha fatta a sostenere il ruolo del Buon Samaritano. Nemmeno in uno show presentato da uno come Piero Chiambretti, il "markettaro" che è riuscito nell'impresa di riabilitare Marcello Dell'Utri il 9 gennaio scorso (la, dove anche il Berlusca aveva fallito), e con ospiti non invisi a Lucianone come il direttore di Tuttojuve, Giancarlo Padovan, e l'intramontabile Tonino Carino "da Asgoli". I presupposti insomma c'erano tutti, e il Nostro, per almeno una mezz'ora, aveva pure tenuto la parte. Poi è tornato a indossare i panni che più gli si addicono: quelli di Tano Cariddi de La Piovra (cit. Aldo Grasso). E' bastato guardargli nel portafogli e in un lampo (zac!) la trasformazione è avvenuta. Così, quando Chiambretti, tornato per un nano-secondo Pierino, ha chiesto a Tonino Carino, uno che spenderebbe una parola buona pure per Mastella&Co., cosa pensasse dell'articolo di Curzio Maltese apparso su La Repubblica del 26 gennaio (nel quale il giornalista svela i rapporti che intercorrerebbero tra il nostro e lo Ior, la famigerata banca vaticana, e dove sarebbe celato in un caveau dell'Istituto di credito un "tesoretto" di 150 milioni di euro, frutto di fondi neri provenienti dalla Gea), il buon Tonino ha dato una risposta tra il serio e il faceto, (forse pulcinella scherzando disse la verità?), che ha imbufalito l'ex ferroviere di Civitavecchia. A quel punto il Buon Samaritano ha messo "tarallucci e vino" da parte e con fare minaccioso ha iniziato la solita morale alla rovescia. Al termine della quale ha detto che avrebbe querelato Maltese "se ne esistono i presupposti". E così una gita in famiglia è diventata una faida, con Tonino Carino a chiedere il "perdono" e Moggi a tenere banco davani alle telecamere di La7.
Beh, che dire... povero Lucianone, ultimamente non gliene va dritta una. E chissà se la sua minaccia di querelare "La Repubblica" avrà seguito, anche se non non penso lo farà. Intendiamoci, Moggi può querelare chicchessia, ci mancherebbe. Ma credo che Curzio Maltese, che non è uno sprovveduto così come non lo è il suo direttore Mauro, avrà pur preso tutte le misure del caso (cioè controllato a dovere le fonti) prima di pubblicare un pezzo che attacca lo Ior, che è un pesce mille volte più grande di Moggi. Le rivelazioni sul "tesoretto" della famiglia Moggi, poi, sono (dovrebbero essere) frutto dell'inchiesta giudiziaria di due magistrati romani, Luca Palamara e Maria Cristina Palaia (citati da Maltese nel suo pezzo), proprio sulla Gea World. Un'inchiesta che ha portato in Tribunale (due giorni fa, a Roma, c'è stata la prima udienza) sei imputati - lo stesso Lucky Luciano, il figlio Alessandro, Davide Lippi, Francesco Zavaglia, Pasquale Gallo e Francesco Ceravolo - per associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza con violenza e minacce. E come tutti sanno, gli atti di un'inchiesta depositati (per essere visionati dalla difesa) sono pubblici, e se rispondono al requisito dell'"interesse pubblico" possono essere diffusi a mezzo stampa. Comunque, per chiunque voglia farsi un'idea, questa è la parte del testo "incriminata":

"Il quarto e ultimo episodio di coinvolgimento dello Ior negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell'azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello Ior sarebbe custodito anche il "tesoretto" personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di "etica e sport" su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l'ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui)". (Curzio Maltese, 26.1.2008, Scandali, affari e misteri tutti i segreti dello Ior", La Repubblica)

venerdì 25 gennaio 2008

Emergenza rifiuti. Assoldati ultrà per 150 euro al giorno


Ultrà assoldati come mercenari per 150 euro al giorno dai clan per creare disordini a Pianura e riaffermare il potere della camorra sul territorio. Questo il nuovo inquietante scenario che carabineri e Digos hanno portato all'attenzione della Procura di Napoli, diretta dal magistrato Giandomenico Lepore. Uno sfondo che potrebbe diventare ancora più cupo se fosse vera l'indiscrezione secondo cui uno degli organizzatori dei raid sarebbe un consigliere comunale.
A diffondere la notizia è stato l'ottimo giornalista Giuseppe Crimaldi, che sulle colonne de Il Mattino ha cercato di spiegare questo complicato intreccio tra ultrà, clan e politica. "Un fatto è certo: dietro gli incidenti non può non esserci una strategia(...). Ci sarebbero complessivamente 22 nomi sui quali si sofferma l'attenzione degli inquirenti. Avrebbero ottenuto soldi (150 euro, ndr) per alimentare disordini(...). In un simile contesto- ha precisato Crimaldi- appare verosimile che il clan dei Lago, che controlla ancora le sorti criminali di Pianura, possa aver occultamente diretto le operazioni di guerriglia(...). Pregiudicati vicini alla camorra assieme a frange estreme del tifo più acceso (...) i Niss, acronimo che significa "Niente incontri solo scontri", atomo di una galassia più ampia, quella che si richiama ad un'altra sigla: Acab (All cops are bastards)". Oltre alla Procura di Napoli anche la Direzione distrettuale antimafia, coordinata dal procuratore aggiunto Franco Roberti, ha aperto un fascicolo d'indagine sulla vicenda.

I PRECEDENTI

Non è la prima volta che gli ultras escono dagli stadi per compiere disordini e violenze. Era già accaduto la sera dell'11 novembre scorso con l'assalto alle caserme a Roma e Milano da parte di ultrà di diverse tifoserie unite dopo l'omicidio del giovane simpatizzante della Lazio, Gabriele Sandri. In quell'occasione due tifosi, Saverio Candamano, ventisettenne calabrese, e Claudio Gugliotti, ventunenne romano, vennero arrestati e poi processati con l'aggravante del terrorismo (aggravante peraltro esclusa dal giudice del Tribunale del Riesame di Roma, Antonio Lo Surdo, per mancanza del movente politico - per saperne di più vedi L'Unità del 18.1.2008), mentre un terzo, tale Valerio Minotti, al quale non venne contestata l'aggravente del terrorismo, finì ai domiciliari.
Assenza di un movente politico che secondo il Tribunale di Brescia mancò pure agli ultras di Brescia-Roma del 20 novembre 1994. Una partita da ricordare perché "segnò una sorta di spartiacque", come ha affermato Andrea Di Caro in Indagine sul calcio (libro scritto a quattro mani con Oliviero Beha). Venne infatti organizzata una vera spedizione punitiva, fatta da ultrà romanisti, neofascisti della Curva nord e addirittura di provenienza veronese. Negli scontri con le forze dell'ordine venne gravemente ferito il vicequestore di Brescia, Giovanni Selmin. Il motivo della spedizione? "Non per punire i tifosi bresciani - stando alla ricostruzione che fece il quotidiano La Padania il 10 dicembre 1998 (cit. da Indagine sul calcio p. 269-272) -, ma per creare paura e tensione nel giorno delle elezioni". Per quella faccenda, che secondo gli inquirenti era stata "studiata a tavolino", vennero arrestati: Maurizio Boccacci, leader del "Movimento Politico", Giuseppe Meloni (detto "Pinuccio la Rana"), candidato nelle liste del Msi nel 1993, Corrado Ovidi degli "Irriduibili Lazio" e Alfredo Quondamstefano, militante del MP e di Opposta Fazione (gruppo di destra della Curva sud giallorossa). Anche quella volta, nonostante l'inchiesta della Procura di Brescia avesse evidenziato una strategia di destabilizzazione, nel gennaio del 1998 il Tribunale di Brescia assolse tutti gli imputati. "Niente strumentalizzazioni- sentenziò Mauro Bottarelli su La Padania-, niente piani occulti: per il giudice Roberto Pallini le undici condanne comminate erano da mettere in relazione solamente ad atti di violenza calcistica".

Attualità. Si "sgonfia" il caso della nomina di Maiani al Cnr

Si sgonfia il caso relativo alla mancata nomina a presidente del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Luciano Maiani, professore di fisica ed ex direttore del prestigioso CERN di Ginevra (guarda post del 22 gennaio). In un'intervista apparsa sul sito SanMarinoNotizie.com, è stato lo stesso Maiani a chiarire che non c'è stato "alcuno stop" da parte del Senato (stop che era stato motivato da alcuni senatori con il fatto che l'ex direttore del Cern avesse firmato la lettera contro la visita del Papa alla Sapienza). "Dopo la mia designazione- ha spiegato il fisico-, la commissione cultura del Senato ha chiesto, giusto una settimana fa, una pausa di riflessione affinchè la nomina avvenisse in un clima di piena serenità e non a ridosso della polemica sulla visita del Papa alla Sapienza". Maiani ha inoltre difeso l'operato di Mussi e dell'ormai ex governo Prodi che, nel caso il Parlamento ratifichi la sua nomina, "per la prima volta da quando esiste il Cnr, non ha fatto una designazione politica". "Come tutti sanno- ha precisato l'esimio professore- il ministro (Mussi, ndr) ha insediato l'estate scorsa una commissione scientifica che ha prima definito i requisiti per il futuro presidente del Cnr, quindi ha esaminato circa 40 curricula di scienziati di grande prestigio e, infine, ha presentato al ministro Mussi una rosa di tre nomi in ordine alfabetico: il mio, quello di Francesco Profumo e quello di Riccardo Cortese. Il ministro ha poi scelto". Il professore, che è anche presidente dell'Istituto di fisica nucleare, ha voluto inoltre precisare che la famosa lettera dei 67 firmatari inviata al Rettore Guarini era stata scritta due mesi prima e che non c'era, da parte sua come degli altri 67, alcuna volontà di censurare il Papa. "Vorrei chiarire- ha spiegato Maiani- che a novembre ho scritto, insieme ad altri colleghi, una lettera al mio Rettore nella quale sostenevo (sostenevamo) l'assoluta libertà della scienza e quindi la non opportunità che una visita del Pontefice coincidesse con l'inaugurazione dell'anno accademico. Quella lettera, ovviamente, la condivido ancora pienamente. E' successo però che la lettera è stata diffusa dai giornali due mesi dopo, in tutt'altro contesto, e facendola passare come una iniziativa per non far parlare il Papa all'università. Questo è sbagliato nel merito- ha concluso- e fortemente riduttivo del discorso che noi volevamo fare. Io sono per l'assoluta libertà della scienza, non per mettere il bavaglio a chicchessia, meno che mai al Papa".

giovedì 24 gennaio 2008

Giornalisti/giornalai e giacchette nerazzurre. Il commento del blogger francesco facchini


Ancora una volta ospito in questo blog un commento dell'amico giornalista Francesco Facchini, che ha voluto dire la sua in tema di arbitri, Inter e giornalismo all'italiana. (Nella foto a destra Materazzi abbraccia l'arbitro di Italia-Germania).

Gli arbitri soli e l’Inter che scivola

Va detto che la coppa Italia non se la fila nessun, ma il gusto sano di un mercoledì pieno di gol visibili per tutti e di gente che si danna l’anima sul campo, fa pensare che il calcio italiano sia ancora vivo. Però sono alcuni giorni che vorrei assestare un calcio nei palloni a chi ha realizzato la squallida campagna mediatica anti Inter dopo il rigore di Couto e affini. Un calcio nei palloni, tuttavia, lo riservo anche all’Inter stessa, ma ora andiamo con ordine.
Il disquisir mi è, come sempre, maleodorante, ma, anche per rispondere ad alcuni lettori che mi tacciano di fare il facile criticone, vorrei dire che mi è anche doveroso. Motivo? Io non campo di calcio, ma di giornalismo e, tutti i giorni che dio manda in terra, la mia battaglia per chiedere, rompere le scatole, denunciare, dire la verità, la faccio nelle pagine del giornale per il quale lavoro. Con questi spunti però voglio denunciare ciò che non va e alzare la voce se questo può far pensare molta gente. Oltretutto vedo che serve e penso che possa aiutare il calcio, quello vero e sano che si fa dentro il campo, a rinascere anche fuori dalle righe di gesso. Ecco un calcio nei palloni: va di diritto a chi ha strascritto, nei giorni scorsi, di un nuovo condizionamento pro nerazzurri. Si è trattato di un becero caso (sul mio giornale di questo ve n’era piccolissima traccia) di turlupinamento, l’ennesimo, del tifoso il quale, peraltro, ci è cascato. Il giochino è facile: se vuoi far vendere i giornali, devi parlare contro qualcuno o alzare la polvere del sospetto. Ci fosse stato uno in grado di provare la sudditanza (improvabile) o di certificare l’eventuale nuova ondata di condizionamenti. Eppure si sono visti titoli roboanti, da novella Calciopoli. E i tifosi? Vi ho guardati voialtri (lo dico in generale). Tutti a dire “sì è vero, ora comanda Moratti”, oppure “non è vero, comanda Caio, anzi no, Tizio, anzi Sempronio”. Tutti a parlare di “Area Condizionata” (titolo visto coi miei occhi) e nessuno a far l’unica inchiesta che andava fatta: quella sullo stato, disastrato, degli arbitri. Soli, sputtanati, scarsi fin che volete, ma uomini e basta, non marionette. Tutti a guardare il dito che indica la luna, nessuno a guardare luna.
Il calcio nei palloni all’Inter va per una sensazione provata in queste ore. Tutti attaccano il novello potere presunto? E l’Inter va in silenzio stampa, lasciando lo spazio per il piccolo tarlo del dubbio che il non detto eventualmente ingigantisce. Un errore, a mio avviso personale, di me medesimo che poco conto. Un errore che dà l’idea di un atteggiamento un po’ infantile del tipo “mi hai detto che son cattivo? E io non ti parlo più. Tié!”. Più signorile sarebbe stato il dialogo, la spiegazione e il normale lavoro di tutti i giorni. Comunque non è la prima volta che provo questa sensazione con i nerazzurri. L’ho provata, situazione quasi uguale, con lo scudetto “sulla carta”. Beh, lo presero e fecero male. C’era da dirlo solo all’Uefa che necessitava di una testa di serie per la Champions, ma sbandierare quel trofeo avuto di rimbalzo non è stato bello. Andava signorilmente sepolto con un “No grazie, adesso che i delinquenti sono stati stanati, lo scudetto lo vinciamo sul campo”. Non è successo, peccato.

martedì 22 gennaio 2008

Lo "stile" Juve trasloca a via Durini

Vi ricordate l'inconfondibile stile della Juve moggiana? Uno stile in virtù del quale alla Triade e a Lippi era concesso commentare alla moviola gli episodi sfavorevoli ("Non è vero che la Juve è favorita, guardate qua..."), ma non quelli a loro favore ("Non è nel nostro stile commentare la moviola"). Che gli permetteva di escludere giornalisti sgraditi dalla sala stampa juventina (come Crosetti di Repubblica) e addirittura di vietare lo stadio "Delle Alpi" a Marco Travaglio. Quello stile ora sembra abbia traslocato a via Durini, nella sede storica dell'Inter. Così la società nerazzurra, senza alcun motivo ufficiale, ha annullato la consueta conferenza stampa prepartita (è in programma domani l'importante match di Coppa Italia contro la Juventus), divincolandosi da imbarazzanti domande relative alle polemiche scaturite dall'arbitraggio di Gervasoni in Inter-Parma e ad un possibile accostamento con la Juventus pre Calciopoli. Anche il presidente Moratti, logorroico quando i bianconeri rubavano scudetti alla sua squadra, ha preferito non rispondere alle domande di un giornalista di Sky sotto il suo ufficio.

Attualità. Il Senato blocca nomina nuovo pres. Cnr, e Cnr comunica di seguire le "orme di S.Filippo"

Anche le vie della comunicazione sono infinite. Ieri il Senato ha bloccato la nomina a presidente del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) del fisico Luciano Maiani, reo di avere firmato il documento contro la visita del Papa alla Sapienza. Un attacco non solo al laicismo, ma anche al buon senso visto che il Senato doveva solo ratificare una nomina (un proforma) già stabilita sulla base del curriculum scientifico del fisico romano (per saperne di più vedi l'articolo di Gennaro Carotenuto). E il Cnr, che ha fatto nel frattempo? Invece di prendere una posizione e denunciare l'affaire, l'ufficio stampa dell'Ente per la ricerca scientifica ha inviato a tutti i giornalisti un comunicato intitolato: "Sulle orme di San Filippo". Da non crederci! Questo invece il sommario: "La Missione Archeologica Italiana guidata dall’Ibam/Cnr ha portato alla luce, con l’aiuto di immagini satellitari, la strada processionale percorsa dai pellegrini per raggiungere il sepolcro dell’Apostolo". Inteso? A questo servono i nostri soldi... Davvero un buon modo per fermare quell'emorragia che dissangua la ricerca italiana, a vantaggio di Stati Uniti e degli altri paesi d'Europa, denominata "fuga di cervelli". Che a loro porta i Nobel, il prestigio e nuovi brevetti da commercializzare. A noi la strada percorsa dai pellegrini.

giovedì 17 gennaio 2008

"The Quiet" Capello e il Fisco. Tutti i retroscena


We are absolutely quiet. Fabio Capello si dichiara “tranquillo”, nonostante da ieri sia ufficialmente indagato dalla Procura di Torino per aver evaso 4 milioni di euro al Fisco italiano (cioè il 46% di tasse su 10 milioni di euro- fonte Corriere della Sera di oggi).
L’inchiesta torinese, nelle mani del magistrato Bruno Tinti (lo stesso che indaga anche sul falso in bilancio della Juve e che ha iscritto nel registro degli indagati la triade moggiana- fonte la Gazzetta dello Sport di oggi) coadiuvato dai sostituti Marco Gianoglio e Vincenzo Pacileo, è partita dopo la segnalazione dell’Agenzia delle entrate, che, come aveva annunciato alcune settimane fa sul suo sito Fiscoggi, vuole vederci chiaro su “l’ampia massa dei contratti in serie C, oggi per lo più in nero, e i guadagni delle singole star, che spesso prendono strade esentasse attraverso i diritti d’immagine”(La Repubblica). E infatti a “The Quiet” Capello, la Procura di Torino ha contestato proprio alcuni pagamenti ricevuti come compenso da sponsor (non è chiaro se è sotto questa forma che sono giunti i versamenti in nero effettuati da Roma e Juve di cui si parla nella stampa quotidiana) e versati ad alcune società di facciata (in particolare la “Sport 3000”), delle scatole vuote, che il ct inglese ha costituito in Lussemburgo; società facenti capo alla “Capello family trust”, l’azienda di famiglia del ct inglese con sede a Guernsey, l’isola nel canale della Manica, in cui il denaro transitava momentaneamente prima di essere smistato in giro per il mondo (secondo una mappa del Corriere della Sera di oggi le società della holding "Sport 3000" e destinatarie dei fondi neri sarebbero: un fondo d’investimento in Irlanda da 650mila euro, un’immobiliare, la “Verde Cortese”, con sede a Legnano e interessi a Parigi e Lugano, la D.C. srl del figlio di Capello, Edoardo, con sede a Milano e con diversi immobili intestati a Marbella e Pantelleria).
Un “giochetto”, come lo ha definito Alessandro Ferrucci su L’Unità di oggi, diverso dal più rudimentale cambio di residenza per il quale Don Fabio era stato condannato nel 2002 dal Tribunale di Como a tre mesi di reclusione, pena poi patteggiata con una multa di 3.500 euro per “concorso in abuso d’ufficio”. In quell’occasione infatti al tecnico di Pieris venne contestata, dal pm Daniela Meliota, il fraudolento cambio di residenza a Campione d’Italia, con la collaborazione decisiva del sindaco Roberto Salmoiraghi (tornato successivamente alle cronache giudiziarie tra il 2006 e il 2007, con l'accusa di corruzione nell'inchiesta del pm di Potenza, Henry John Woodcock, che coinvolse il principe Vittorio Emanuele. Inchiesta poi passata per competenza territoriale alla Procura di Como e archiviata dal gip Martinelli), finalizzato a godere dei vantaggi fiscali concessi dallo Stato italiano alla cittadina al confine con la Svizzera.

mercoledì 16 gennaio 2008

Al "Meazza" la Lega Nord è padrona

"Fuori la politica dagli stadi". Era questo uno degli slogan che negli Anni 90 calciatori, presidenti, giornalisti e anche politici, lanciarono con l'onorevole proposito di riportare il calcio "a misura di sport". Parole, Parole, Parole. Come ovunque in Italia, come sempre nel calcio. Nel mondo pallonaro del resto la politica ha sempre avuto un ruolo, basti pensare che proprio sulla sfera s'è fondato il consenso berlusconiano. E la sua discesa/ascesa ha ispirato molte carriere politiche; politicanti che però, senza le tv e rispettiva società di calcio, si sono dovuti accontentare di essere protagonisti per un solo giorno. Come domenica durante Milan-Napoli, quando un certo Matteo Salvini ha distribuito, assieme ad altri suoi amici della Lega Nord, 5000 sacchetti della spazzatura ai tifosi milanisti da sventolare in faccia ai napoletani "così imparano a fare la raccolta differenziata" (cit. Corriere della Sera 14.1.2008). Quello che rode è che lo sport e i suoi valori sono agli antipodi di queste manifestazioni. La Federcalcio e la Lega poi non hanno detto alcunché. Nemmeno un richiamino alla società rossonera o un 'buffetto' del tipo: "Tenete fuori dagli stadi questi politici da quattro soldi e le loro iniziative del cazzo". No, niente. Ma allora deve proprio contare molto 'sto Matteo Savini. A giudicare dal curriculum ha davvero i numeri per diventare qualcuno: capogruppo della Lega Nord nel comune di Milano (e ha solo 34 anni!), in questa veste un mese fa ha partecipato alla "gazebata" di Costamasnaga, una specie di sagra padana seguace del motto “Si alla polenta, no al cous cous”. Uno che quando era europarlamentare (lo era già dalla tenera età di 29 anni!!) venne cacciato dalla destra europea (Indipendenza&Democrazia) assieme a Bossi, Borghezio e Speroni per la nota vicenda delle magliette anti-islam. Uno che a Strasburgo, pensa un po', è stato pure membro della commissione cultura e istruzione, lui che nel 2005 in un comizio a Verona disse: "La prossima volta che qualcuno si avvicina ad un padano, fosse solo per guardarlo, non aspetteremo la legge! Saranno i calci in culo a fare giustizia! Iniziamo a difenderci da soli!"(cit. L'Unità 14.02.05). Tra le altre cose, per la sua coerenza e rettitudine, s'è meritato anche una citazione nel bestsellers "La Casta" (quasi una promozione nella politica che conta). “Matteo Salvini- ha scritto Gian Antonio Stella-, già direttore di quella Radio Padania Libera (pure direttore!!!) che per anni ha cannoneggiato contro il clientelismo e le assunzioni in Terronia di amici, cognati e parenti, ha scelto come suo braccio destro Franco Bossi (nientepopòdimenoche fratello di Umberto), uno che una preparazione ce l'ha. Sa tutto di valvole, canne, pistoni, bronzine, guarnizioni, pompe ad acqua...". Beh, se il buongiorno si vede dal mattino...

martedì 15 gennaio 2008

La crisi nera della Lazio

"E' un momento difficile, bisogna essere realisti e lottare per la salvezza". Alla fine del match perso all'Olimpico contro il Genoa, ultimo insuccesso di un campionato mai così deludente da quando ci sono in palio i 3 punti a partita, Delio Rossi, uno che le spalle ce l'ha larghissime, era scuro come non mai. La sua Lazio, la stessa che lo scorso anno aveva fatto il miracolo raggiungendo il terzo posto in classifica aprendo le porte al preliminare di Champions, adesso è a soli 4 punti dalla serie B. Numeri impietosi quelli biancocelesti: 18 punti in 18 partite disputate, frutto di 8 sconfitte di cui 5 in casa, che sommati poi a tutto l'insieme (l'assenza di un portiere, la scarsa vena degli attaccanti, i numerosi infortuni, gli errori arbitrali, la sfortuna, la contestazione dei tifosi, eccetera) danno la dimensione del disastro. Che se non si consumerà sarà forse solo per merito del buon Delio e del suo realismo necessario. Perché per un team partito con tutt'altri obiettivi non sarà facile trovare gli stimoli per uscire da questa complicata situazione. Fare in fretta, per non trovarsi come la Roma di quattro stagioni fa, quella del dopo Capello, che cambiò in corsa quattro allenatori (Prandelli, Voeller, Del Neri, Conti), e si salvò solo all'ultima giornata dalla seconda retrocessione della sua storia.
I tifosi naturalmente sono amareggiati. Fuori dall'Europa, pensavano, la squadra avrebbe reagito e ripreso a volare. Invece... Domenica, in tribuna, e non nella solita curva, due ragazzine hanno preferito "ammazzare il tempo in modo stupefacente", come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera di oggi, visto che di mirabilia questa Lazio non ne offriva proprio (mi riferisco all'episodio delle due giovani che in tribuna - questa la vera notizia a mio avviso -, durante l'intervallo dell'incontro col Genoa, sono state immortalate dalla tv mentre giravano uno spinello). Dai forum dei tifosi, come "forumlazioultras", sono in molti a difendere l'alleanatore, l'unico che può salvare questa Lazio diventata Lazietta. Il colpevole invece è sempre lui: Claudio Lotito (Un disprezzo riassumibile in uno striscione che campeggia da un po' in curva: "Lotito la lazialità ti vomita!!!"). "C'e' una campagna denigratoria- ha scritto Schifolasroma sul forum-, sicuramente messa da quell'ignobile (Lotito, ndr), per far scaricare le colpe sul Mister. E l'unico che ci mette il cuore e la grinta, quando parla e sta in panchina...ragazzi non facciamo un errore che potremmo pagare caro. Sosteniamolo".
Tempi cupi insomma per i cuori biancocelesti, come ha ben fotografato il giornalista-tifoso Mauro Mazza sul Corriere dello Sport di oggi:
"L’ho riconosciuto subito e un bri­vido freddo è corso lungo la schiena. Era domenica pomeriggio, la pioggia era cessata da poco, ma sull’Olimpico arrivavano folate di vento gelido. Spalti semivuoti, at­mosfera tristanzuola, cori e canti provenienti solo dallo spicchio dei tifosi della squadra ospite. L’ho riconosciuto, il momento in­quietante e terribile, all’inizio del secondo tempo, quando la Lazio si è rintanata nella sua metà campo, intimidita dalla propria angoscia più che da un Genoa tutt’altro che stellare(...). L’ho riconosciuto in quel momen­to, il clima di fallimento e di naufragio incombente, di cata­fascio e di catastrofe annunciata. Erano anni che non si respi­rava un così brutto clima. Anche nelle annate meno buone, la modestia congenita della Lazio era compensata dallo spirito di una compagine comunque com­battiva, appassionata e orgogliosa(...). Ma stavolta non è solo suggestio­ne. Stavolta è brutta davvero, si fac­ciano pure gli scongiuri".

lunedì 14 gennaio 2008

La sinistra “munnezza” che desta l'ultrà

Oltre alle mosche, a gironzolare intorno alle montagne di “munnezza” nel napoletano c’è pure un nutrito gruppo di ultrà. Che come allo stadio fanno quello che gli viene meglio: di notte, a volto coperto, armati con sassi, bombe carta, catene, lame e usando come scudo gente pacifica scesa in piazza per contestare la riapertura di una discarica che avvelena terra e corpi, si scontrano con le odiate guardie, incendiano rifiuti, insomma, generano caos. Come sempre. Cambia lo scenario, dalle curve alla strada, ma lo “stile” è sempre quello. Inconfondibile.
Fatti, che Massimo Martinelli, sulla prima pagina de Il Messaggero dell’11 gennaio nell'articolo “Pianura, violenza come protagonismo. Cacciati dagli stadi, leader tra i rifiuti”, ha interpretato "azzardando" una teoria. Secondo l'autore gli scontri tra tifosi e forze di polizia nel napoletano sarebbero dovuti all’effetto dei Daspo (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive), che avrebbero svuotato le curve dagli esagitati riversandoli nella società. Un fenomeno che avrebbe pure un nome: “migrazione della violenza”. L'ipotesi, sempre secondo il giornalista, troverebbe conferma “in uno studio recente che Maurizio Marinelli, poliziotto doc(?) e direttore del Centro Studi Sicurezza Pubblica di Brescia, ha ben descritto spiegando che i caporioni delle curve, quelli che prima (che prima?) trascinavano i ragazzini esaltati contro le tifoserie avversarie, sono stati costretti a cambiare palcoscenico(…). E' per questo motivo che adesso, ne sono convinti gli investigatori napoletani, è soprattutto il popolo frustrato dei tifosi colpiti dal Daspo, che anima la guerriglia di Pianura”. Il nemico degli ultras poi sarebbe sempre lo stesso: le forze di polizia, che secondo Martinelli sarebbero pure state avvisate dai loro acerrimi nemici con una telefonata anonima(?). "Da oggi- avrebbe detto l'Anonimo- combattiamo contro di voi, fuori dagli stadi". Una promessa mantenuta...
Ma allora, come spiegare quello che è accaduto al governatore della regione Sardegna, Renato Soru?
Partiamo dall'antefatto. La regione sarda è stata una delle prime ad aver solidarizzato con la Campania, dando la propria disponibilità a smaltire una parte della “munnezza” napoletana. Un fatto che, com’era prevedibile, ha acceso gli animi di alcuni ultrà isolani. Sul Corriere della Sera di oggi, Fulvio Bufi, nell’articolo “Rifiuti, fermato un attentato a Soru. Blocchi e tensione in Sicilia e Lazio”, ha raccontato di alcuni scontri avvenuti durante lo sbarco dei rifiuti a Porto Empedocle. Inoltre, il giornalista del corriere, ha riportato la notizia di un'intercettazione telefonica (sms) tra alcuni ultrà cagliaritani del gruppo degli Sconvolts. “La polizia – ha scritto Bufi – ha concluso che (gli ultrà, ndr) stavano preparando un attacco alla casa del governatore, Soru (di centrosinistra, ndr). Sono state fatte perquisizioni e nelle abitazioni di due giovani (senza precedenti penali, ndr) è stato trovato del materiale incendiario(…). I due giovani sono stati arrestati”.
Da quanto è emerso, non è più possibile pensare che la teoria della “migrazione della violenza” possa avere valore interpretativo. Qualche giorno prima, inoltre, a Pianura, erano stati aggrediti dei Vigili del Fuoco, uno dei quali, intervistato da Rai e Mediaset, aveva detto che lui e alcuni suoi colleghi se l'erano vista brutta e che solo grazie all'aiuto del proprietario di una villetta nei pressi avevano salvato la pelle. Un fatto anomalo, perché gli ultrà, dagli Anni 70 ad oggi, non erano mai stati altrettanto feroci con rappresentanti delle istituzioni diversi dalle forze di polizia.
Le bande di tifosi non sono un gruppo di scemi che alla sola vista di un paio di agenti va in fibrillazione. Sono una vera organizzazione, con al vertice un gruppo di "anziani" (di non più di quarant'anni), che fa riferimento a movimenti politici (istituzionali e non), i quali, a loro volta, usano questa manovalanza per fini politici, i cosiddetti lavori sporchi (in tema di munnezza poi...). Cosa peraltro che non è nemmeno una novità. Tesi sostenuta ad esempio da Franco Ferrarotti che, sul Corriere della Sera del 7 novembre 2007, in merito alle violenze ultras successive all’omicidio Sandri (giovane tifoso della Lazio freddato da un agente della stradale), disse: “Penso che (i tafferugli, ndr) siano stati una cosa ben organizzata da gruppi piuttosto avveduti che hanno cavalcato sapientemente la reazione a un caso isolato, per quanto terribile come l'incidente dell'autogrill, con l'obiettivo preciso di sferrare un attacco al potere(…). Non mi meraviglierei per esempio che, non troppo in là nel tempo, ci possa essere una saldatura fra questo "partito" e la Destra di Storace”. Dichiarazione profetica, non c'è che dire. Infatti Soru è un rappresentante del potere costituito, un pezzo del centrosinistra che governa il Paese (se poi lo governi bene o male, non è questo il punto), un bersaglio che non ha molto a che vedere con il tradizionale teppismo degli ultras. Che, nonostante tutto, ha, o aveva dovremmo dire, un proprio codice d'onore ("gli scontri si fanno con altri ultrà e con le guardie, senza coinvolgere chi non c'entra", mi disse un ultrà romanista). Stavolta invece gli ultrà avevano un obiettivo preciso, quello, appunto, di andare a lanciare delle bombe incendiarie a casa di un "nemico" politico. Più che di "migrazione della violenza", forse si dovrebbe parlate di una nuova "strategia" che usa la violenza ultras come manovalanza prezzolata per realizzare un progetto politico ancora poco chiaro.

mercoledì 9 gennaio 2008

Queens Park Rangers secondo Geoff Andrews (da "Il Manifesto")



Con l'articolo "Il club più ricco del mondo", Il Manifesto di ieri s'è occupato della storia del Queens Park Rangers, società londinese finita nelle mani di Flavio Briatore e dei suoi amici miliardari. "Un affare all'italiana", a firma del tifoso-scrittore del Qpr Geoff Andrews, autore del libro Un paese anormale, l'Italia di oggi raccontata da un cronista inglese (Effepi Libri 2006), nonché manager dei Philosophy Football Fc. Un bellissimo pezzo che ho 'rubato' al quotidiano comunista e che ho postato integralmente qui di seguito per i miei lettori.


Il club più ricco del mondo
di G. Andrews

Sono tempi straordinari per il Queens Park Rangers, la squadra londinese a lungo parente povera del Chelsea e momentaneamente relegata nei bassifondi della serie B inglese. In ottobre il club, indebitato fino al collo, è stato comprato da Flavio Briatore e Bernie Ecclestone, padre-padrone della Formula1. Subito prima di natale poi Lakshmi Mittal, il quinto uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 30 miliardi di euro, ha acquistato delle quote (20%) trasformando di fatto il Qpr nel club calcistico più ricco del mondo.Ovviamente la maggioranza dei tifosi sono in estasi. Non gli importa che Briatore, quando gli è stato detto che il Qpr era in vendita, abbia pensato che gli stavano offrendo un ristorante (lo ha ammesso lui stesso al Dayly Mirror) o che la conoscenza calcistica di Ecclestone sia pari a quella di un italiano medio rispetto al cricket. Per una squadra che è stata a lungo nella top division inglese, questa era l'occasione giusta per tornare all'antica gloria degli anni settanta quando avevamo alcuni dei giocatori più talentuosi dell'epoca, Stan Bowles, Rodney Marsh e Gerry Francis, che fu anche capitano della nazioanle inglese, e arrivammo a un passo dalla conquista del campionato (stagione '75/'76), bruciati dal Liverpool sul filo di lana. La sfida di Coppa d'Inghilterra contro il Chelsea di Abramovich, andata in scena sabato a Stamford Bridge, ci ha offerto la possibilità di mostrare la nostra nuova ricchezza agli storici rivali del west end in un match subito ribattezzato lo scontro dei miliardari.Tuttavia non tutto è filato liscio in questo passaggio dagli stracci al caviale. Negli ultimi due anni il Qpr si è trovato sull'orlo della bancarotta. Siamo stati salvati da un ex procuratore napoletano, Gianni Paladini (che ora è considerato un santo dai credenti di Loftus Road) insieme al suo compatriota Antonio Caliendo, l'ex agente di Roberto Baggio che ha avuto diversi guai con la giustizia italiana. Il regno di Paladini, che è rimasto presidente del club anche dopo l'arrivo di Briatore e compagni, ha avuto i suoi problemi. Nell'agosto del 2005 è stato minacciato con una pistola affinchè firmasse la lettera di dimissioni dopo una lite furibonda con l'allora direttore David Morris, poi prosciolto in tribunale. Nel febbraio scorso, i giocatori del Qpr si resero protagonisti di una mega rissa contro la nazionale olimpica cinese con un giocatore ospite finito in ospedale con la mandibola rotta e l'allenatore in seconda del Qpr sospeso. Ad agosto poi la tragedia di Ray Jones, promettente attaccante delle giovanili ucciso in un incidente d'auto, due anni dopo l'accoltellamento di un altro giovane calciatore del club. La storia recente del Qpr riflette bene alcune delle più ampie contraddizioni del calcio moderno. Quale prezzo siamo disposti a pagare per vedere la nostra squadra tornare in alto? Per i tifosi del Qpr, che ha sempre avuto la reputazione di un piccolo club dal gioco divertente, legato ai movimenti culturali degli anni '70 quando rock star come Robert Smith, Mick Jones e Glen Matlock si mescolavano con tifosi e giocatori, si pongono oggi diversi dilemmi. L'ostilità nei confronti dei rivali del Chelsea è cresciuta enormemente dopo l'arrivo di Roman Abramovich ma oggi neanche la sua ricchezza è in grado di pareggiare quella dei nuovi proprietari del Qpr. Sabato i nostri tifosi hanno sbeffeggiato quelli dei blues sventolando banconote da 20 sterline. Gira anche voce che il tradizionale Bovril (l'estratto di carne di bue divorato dai tifosi nell'intervallo delle partite) verrà sostituito con un cibo più adatto alla nuova éra, fatto preparare personalmente da Cipriani, il ristorante che Briatore possiede a Mayfair.Briatore e il suo entourage, che include Naomi Campbell e Elisabetta Gregoraci, si vedono spesso sorridenti ai campi d'allenamento di Shepherds Bush e nuovi cambiamenti societari sono attesi a breve. Mentre il Qpr si lancia sul mercato col portafogli mai così pieno (ma senza l'ex collaboratore di Moggi, Franco Ceravolo, assunto da Paladini dopo Calciopoli ma tornato in Italia per ragioni familiari), i tifosi cominciano ad avere qualche dubbio. «Confesso che sono un po' terrorizzato - ha scritto Kropotkin 37 su un forum di appassionati - faccio fatica a credere che nessun altro la pensi come me. Abbiamo pianto per aver perso delle finali di coppa, ci siamo strappati i capelli ogni volta che siamo retrocessi. Ma siamo sempre stati orgogliosi del nostro piccolo club. Cosa succederà ora? Tra qualche anno, quando dirò che sono un tifoso del Qpr la gente mi guarderà in maniera diversa da come ha sempre fatto».Forse l'unica cosa di cui i tifosi del Qpr possono esser contenti è il nuovo allenatore, Luigi De Canio. Anche qui ci sono implicazioni per il nuovo regime inglese. Lui e Fabio Capello condividono lo stesso interprete, Ruben Reggiani, un 22enne anglo-italiano che spera di remare per la nazionale inglese alle Olimpiadi di Pechino. Quando De Canio è stato assunto c'erano parecchi dubbi sul suo conto. Si diceva fosse un protetto di Moggi. Non parlava inglese e praticava un calcio noioso: «stiamo facendo catcha natcha?», chiedevano i tifosi ossessionati dal mito italiano del Catenaccio. Tutt'ora è difficile capire gioco e formazioni di Mister De Canio e lo stesso potrebbe succedere con Capello non appena metterà mano al centrocampo dell'Inghilterra. Tuttavia, l'umile allenatore di Matera è riuscito a invertire la rotta con argute scelte tattiche prima che Briatore e soci cominciassero a comprare nuovi giocatori. Abbiamo messo il Chelsea in seria difficoltà e alla fine siamo usciti sconfitti da Stamford Bridge 1-0 con i tifosi che cantavano «Gigi De Canio, Bernie e Flavio» sulle note della Donna è mobile. Una cosa impensabile fino a qualche mese fa. De Canio ha riconquistato i tifosi e insieme a Capello potrebbe offrire alcuni positivi cambiamenti al calcio inglese. Sempre che Briatore non si stufi nel frattempo.

domenica 6 gennaio 2008

Don Paparé

Pare che Paparesta avesse chiesto ai vertici Federali di tornare ad arbitrare. Al più presto. E del resto come dargli torto? Corsi e ricorsi della giustizia sportiva avevano progressivamente sgonfiato quel fenomeno battezzato come Calciopoli, che qualcuno forse troppo precocemente aveva definito “il più grande scandalo del calcio italiano”. Solo il “povero” Moggi, anche lui in odor di “grazia”, ancora paga ufficialmente per le malefatte (già, perchè poi Lucianone è rientrato dalla porta di servizio come Calciopoli 2 sta a dimostrare); gli altri, tra appelli vari, sono tornati tutti in corsa. Più o meno puliti, ma comunque pronti a definirsi innocenti. Paparesta in fondo che male aveva fatto? La semplice violazione dell’articolo 1 (lealtà sportiva) del CGS (Codice di giustizia sportiva) per i fatti seguenti a Reggina-Juve, la partita nel quale il nostro era stato chiuso nel suo spogliatoio assieme ai due assistenti Di Mauro e Copelli dall’allora dg bianconero, Lucianone Moggi. Che se l’era presa col guardalinee Copelli, reo di non avere visto un rigore in favore della Vecchia Signora, tanto da minacciarlo verbalmente e fisicamente. Stessa cosa per l’altro assistente, Di Mauro, che s’era ritrovato il dito indice del Lucianone in primissimo piano, così grande che avrebbe potuto scambiarlo per una vitella chianina. Ma Paparesta aveva chiuso un occhio, anzi tutt’e due, e non aveva scritto alcunché sul referto arbitrale violando appunto la “deontologia” professionale. Era stato muto, come del resto l’ex osservatore Ingargiola, che al telefono con Lanese aveva chiarito che lui lì aveva assistito alla scena, ma che no, non avrebbe proferito parola alcuna... Insomma, mica si può condannare uno che ha fatto il proprio dovere non facendo la spia. Già, perché a Paparesta gli spioni non piacciono proprio. Se una cosa si deve fare, beh, non è che bisogna dirla a tutti. E se proprio c'è da parlare, meglio usare un telefono criptato... con sim svizzera. Eh, la Svizzera. Con le sue banche e i conti cifrati, lì si che conoscono il senso profondo della parola "discrezione". Arriviamo così all'ultimo tassello di questa "Paparesta story" (che potete approfondire nel post qui sotto). Infatti, ieri, l'arbitro è stato nuovamente deferito, stavolta per un conflitto d’interessi, guarda il caso, non dichiarato. Aveva infatti chiesto a Meani, di nascosto, l’aiu­to dei dirigenti del Milan per favorire una società, l’Ital Bi Oil, in cui figura tra i soci la propria moglie. Una faccenda che cozza con il suo ruolo d’imparziale arbitro. Ma non con la sua scala di valori. Quelli della "famigghia" italiana, dove se tieni la bocca cucita campi almeno cent'anni. Vero, Don Paparé?

Paparesta deferito per conflitto d'interessi. Salvi Galliani&Meani

Gianluca Paparesta è stato deferito alla commissione di­sciplinare nazionale della Figc "per avere prima attivato la dirigenza del Milan per propri interessi connessi alle vicende della società Ital Bi Oil e per aver successivamente omesso di rappresen­tare ai competenti organi della Figc il particolare interesse che aveva nella vicenda, derivante dal rapporto di affinità con i soci e gli amministratori della predetta società". Oltre a lui il Procuratore Federale ha deferito anche l'ex arbitro Racalbuto ("per aver get­tato discredito nei confronti del setto­re arbitrale"). Del caso si è occupato il Corriere dello Sport di ieri con un articolo non firmato:
"I due deferimenti sono arri­vati a sorpresa, perché quei fatti, risa­lenti alle indagini effettuate nell’esta­te del 2005 da Francesco Saverio Bor­relli e dai suoi uomini, erano stati rite­nuti chiusi. La stessa Corte Federale aveva espresso il suo parere, ritenen­do che Paparesta e Racalbuto non po­tevano essere processati neanche dal­l’Aia in quanto già precedentemente giudicati dalla Procura Federale, cioè dallo stesso Palazzi, che aveva deciso di non procedere. Secondo le norme diffuse dalla stessa Corte Federale, il non deferimento per archiviazione o per caso irrilevante era già un giudizio. Oggi Palazzi, invece, ha deciso di procedere, confermando l’ipotesi che quella norma della Corte Federale non verrà riconosciuta da lui neanche in futuro. Ma per quanto riguarda Papa­resta e il deferimento per la famosa te­lefonata a Meani in cui chiedeva l’aiu­to dei dirigenti del Milan è emerso un fatto nuovo: gli 007 federali, infatti, hanno scoperto che uno degli intestata­ri della Ital Bi Oil (associata dell’Asso­biodiesel, società per la quale il diret­tore di gara aveva chiesto l’interven­to) è sua moglie, quindi Paparesta sta­va chiedendo le attenzioni del Milan per un interesse personale. In quella telefonata erano stati coinvolti oltre al­l’arbitro anche Meani e Adriano Gal­liani, ma Palazzi ha ritenuto di dover procedere con il deferimento solo per Paparesta."

martedì 1 gennaio 2008

Cragnotti II, Gaucci IV (V,VI...?): ritorna l'ancien régime?

Il calcio italiano tira sempre meno. I grandi campioni e perfino le 'stelline' estere lo snobbano (a meno che, come il signor Pato, non ricevano una valanga di dollari). Anche i giocatori italiani ormai hanno capito che "fuori è meglio". Il problema? Ovvio: la mentalità, gli impianti, gli scandali, eccetera. Se restano, come Kakà, Ibra e altri è solo per denaro... anche se pure quello, a esclusione delle tre squadre del Nord, è da un po' che non ne gira...
Tutti scappano, ma non loro: gli "irriducibili" Cragnotti e Gaucci. Il primo, si mormora, sarebbe pronto a tornare in corsa per riprendere la "sua" Lazio. I tifosi della curva Nord farebbero ponti d'oro per riavere l'imprenditore che ha portato la squadra biancazzurra ai vertici d'Italia e d'Europa prima di affossarla sotto un mare di plusvalenze. Bilanci gonfiati talmente tanto da essere diventati esplosivi come un palloncino a cui è stato pompato troppo gas all'interno. Ma al cuor non si comanda si sa, e Lotito a Roma non lo ama davvero nessuno. Forse per quel suo essere un po' cialtrone e 'traffichino' (guarda Calciopoli 1) e non una star dei maneggioni d'alta finanza come è stato Sergio Cragnotti.
Anche Luciano Gaucci, che qualcuno pensa sia in vacanza a Santo Domingo mentre in realtà è latitante nell'isola caraibica (a quanto pare una latitanza d'orata), ha fatto sapere che appena ne avrà la possibilità tornarà, non solo in Italia ma addirittura nel calcio nostrano, sua intramontabile "passione". Più precisamente in quel di Latina, società che milita nel campionato d'Eccellenza, ma che ha uno stadio "da serie C", il "Domenico Francioni" - 8000 spettatori la capienza -, e che attualmente è al 2° posto in classifica dietro al Gaeta.
Se queste sono le premesse, questo 2008 si prospetta davvero interessante... Altro che piedi puliti, qui c'è vento di Restaurazione. Ma del resto, se il Gattopardo è opera d'un solo italiano, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il gattopardismo non è forse opera degli italiani stessi?