venerdì 30 luglio 2010

Parte I. Tessera del tifoso, schedatura e commercializzazione della passione calcistica


Oltre al ministro dell'Interno Roberto Maroni e alla sua accolita di rancorosi, la tessera del tifoso non piace a nessuno. Il perché è ovvio: è uno strumento di controllo che limita fortemente diritti individuali, avviando una commercializzazione, a dir poco invadente, della passione sportiva. Basta chiedersi cos'è questa tessera per svelare l'inganno. La tessera del tifoso è descritta come uno strumento di "fidelizzazione che identifica i tifosi di un club o della Nazionale". Il rapporto che si instaura con la società sportiva è analogo a quello che il "mondo commerciale pone in essere quotidianamente coi suoi clienti quando vende i propri prodotti". Tutti i dati personali dei tifosi sono conservati dalle società sportive e utilizzati "per promuovere tutte le attività e le agevolazioni offerte ai propri clienti (convenzioni con aziende di trasporto e di ristoro, corsie dedicate, borsellino elettronico e molto altro)". Infine, "l’attività degli organi di polizia, nel progetto della tessera del tifoso, si limita all’esclusivo accertamento di eventuali motivi ostativi e solo per il tempo necessario"(Il virgolettato è tratto da gazzetta.it). Sintetizzando: la tessera scheda i tifosi, pacifici e violenti, senza distinzioni, ne controlla i movimenti e promuove i gadget delle società-aziende del pallone. Il tutto alla modica cifra di 10euro. A carico dell'utente, naturalmente. E in cambio non si ottiene nulla: "La tessera del tifoso- si legge sulla gazzetta.it- consente di avere percorsi preferenziali all’interno degli stadi, di avere accessi con controlli limitati, sconti su altre manifestazioni organizzate dalle società, sconti in esercizi commerciali convenzionati o per il merchandising, acquisto privilegiato di biglietti per le competizioni internazionali e per i match dell’Italia, percorsi preferenziali anche in caso di gare all’estero. Inoltre è un investimento per i club ed è un’importante opportunità per promuovere il marchio della società tra i tifosi". Tante parole senza senso, un panegirico che puzza di muffa come gli ingessati onorevoli di Lega e Pdl. (segue...)

mercoledì 28 luglio 2010

Zeman e l'essenza del calcio



"Non è importante quanto si corre, ma dove si corre e perché si corre"
(Z. Zeman)

lunedì 26 luglio 2010

La Rai dice basta alla moviola dopo 43 anni

di Fulvio Bianchi (La Repubblica)
Dopo 43 anni la Rai spegne la moviola: dal 29 agosto, quando avrà inizio il campionato di serie A, non ci sarà più il replay delle azioni incriminate, niente discussioni, chiacchiere da bar (sport). L'uso delle immagini sarà solo didattico: "è fuorigioco", "non è rigore". Stop. Verrà spiegata solo la norma senza dilungarsi nel dibattito: i moviolisti Rai (Carlo Longhi e Daniele Tombolini) saranno sostituiti, a "Novantesimo Minuto" e alla "Domenica Sportiva", da esperti di regolamento, magari forniti dall'Associazione Italiana Arbitri. Verranno mostrate, ogni domenica, le immagini di tre o quattro casi e basta.

Non è più tempo di polemiche. Lo ha deciso il direttore di Rai Sport, Eugenio De Paoli, in pieno accordo con i vertici Rai. Una decisione rivoluzionaria: De Paoli si è ispirato agli articoli di Beniamino Placido, di cui era amico ed estimatore. Ha voluto che le trasmissioni della tv di Stato tornassero ai temi tecnici e tattici del calcio, chiudendo le porte alle chiacchiere, ai veleni, alle polemiche, alle dietrologie. E la moviola, va così in soffitta: dal 1967, dai tempi di Enzo Tortora, ha accompagnato il cammino della Rai. Ora si cambia, con piena soddisfazione, è sicuro, dei vertici arbitrali: in passato sia Marcello Nicchi che Pierluigi Collina si erano più volte lamentati della moviola. "Non ce l'ho con lo strumento in sé ma per l'uso che se ne fa", spiegava il designatore italiano, ora passato all'Uefa. La categoria non ha mai gradito, ovviamente, i teatrini soprattutto quando ad animarli erano gli ex colleghi, da Casarin a Cesari, da Baldas a Longhi e Tombolini.

La Rai ha voluto che si parlasse solo di calcio giocato, reale, quello del campo. Non più quello virtuale, artificiale (a volte) della tv. Una scelta sicuramente controcorrente, coraggiosa, rivoluzionaria. Proprio in un momento che il calcio-spezzatino sta prendendo sempre più potere.

Poscritto. Non tutti, ovviamente, sono d'accordo con la decisione Rai, e non mostrano lo stesso entusiasmo di Fulvio Bianchi per la storica decisione (un entusiasmo condiviso da noi di Laleggendadelcalcio). A costoro faccio solo notare che da oggi in poi l'ex arbitro Daniele Tombolini non farà più parte della Domenica Sportiva. E questa è già una buona notizia.

domenica 25 luglio 2010

Tragicommedia rossonera

C’è da compatirli i tifosi del Milan. Abituati per anni ad avere il meglio che c’è in circolazione, ora non riescono nemmeno a leggere i nomi dei nuovi arrivi. Chi diavolo sono Amelia, Yepes e Papastathopoulos? E inoltre, la squadra è vecchia, senza giovani talenti del vivaio pronti per il salto, né soldi da investire nel calciomercato estivo. Una miscela che non fa buon brodo. Il Milan della prossima stagione è poca cosa, sarà un miracolo se raggiungerà il quarto posto in serie A e se supererà il primo turno in Champions. La tragicommedia nasce quando si vuole trasformare il piombo in oro, far diventare stelle le stalle, con arroganza e testarda ostinazione. Frasi come quelle pronunciate da Silvio Berlusconi ed Adriano Galliani in conferenza stampa (“Abbiamo una rosa assolutamente adeguata che può competere con chiunque” e “Sfido chiunque a dirmi il nome di una squadra che ha una sommatoria di classe a centrocampo simile a quella che abbiamo noi con Ronaldinho, Pirlo, Seedorf e Pato”) sono deliri non adatti per l’occasione. Mettere il dito nella piaga è forse autolesionismo. Ma almeno, nell’amarezza, resta il gusto per la risata. “Auguriamo tutto il bene possibile ad Allegri e ai ragazzi, ma ci vorrebbe una trasferta a Lourdes per essere competitivi”, ha detto sarcasticamente ‘Critica Rossonera’; “Dici che spendi troppo? Dici che il calcio ha raggiunto cifre assurde? Ok, ma non dirci che vinceremo così. Non dirci che in fondo era colpa di Leonardo e degli infortuni”, ha sentenziato ‘Diario Rossonero’; ‘La Casa del Diavolo’, invece, ha una sola speranza: “L'unica linea verde di cui potrete parlare in futuro, voi della dirigenza, sarà quella della metropolitana che vi riporterà a Cologno Monzese”. E un po' tutti quanti continuiamo a sperare, non che sia la linea verde del metrò milanese a rispedire al mittente il Cavaliere, ma la Freccia Rossa in partenza da Roma.

giovedì 15 luglio 2010

Il ritorno di Zeman. Signori: "Quel Foggia da favola, gol e divertimento"


(Fonte: Corriere dello Sport)
Giuseppe Signori ricorda a memoria quella formazione del Foggia: Mancini in porta, Petrescu e Codispoti sulle fasce, Matrecano e Consagra al centro della difesa. E poi il pressing di Barone e Picasso, l’eleganza di Shalimov, i movimenti magici del tridente. Signori giocava da vanti con Rambaudi e Baiano. Il Foggia di Zeman, disegnato in campo con un 4-3-3 e costato pochi soldi, fece scuola in quella stagione 1991-92: nono posto in serie A, secondo migliore attacco (58 gol) del campionato dopo il Milan campione d’Italia (74 reti) di Van Basten, Gullit e Rijkaard, con Capello in panchina.

LA RINASCITA - «Sono felice che a Foggia siano tornati Casillo, Zeman e Pavone. Si è ricomposto un trio vincente, è una notizia bellissima », commenta Giuseppe Signori, 42 anni, cento partite e trentasei gol in maglia rossonera, una promozione dalla B e la consacrazione in A, prima di passare alla Lazio nel 1992 per undici miliardi di lire, scelto da Sergio Cragnotti e Carlo Regalia dopo la partenza dell’uruguaiano Ruben Sosa all’Inter. Da Foggia a Roma, in attesa di salire per tre volte sul trono di capocannoniere. Ieri, l’hanno chiamato subito i suoi vecchi amici di Foggia, per annunciargli la svolta societaria. Signori, in Puglia, ha vissuto tre stagioni emozionanti: «Credo che Casillo, Zeman e Pavone possano portare avanti un altro progetto affascinante. Sono felice, perché immagino già che lo stadio tornerà a riempirsi come nel periodo d’oro». Il 14 giugno, a Coverciano, Signori è diventato allenatore discutendo proprio una tesina sul tridente nel 4-3-3 di Zeman: «Le sue squadre regalano regalare spettacolo e divertimento. Ho avuto tecnici importanti durante la mia carriera, ma sotto il profilo tattico il boemo è stato il migliore».

LA GARANZIA - Signori ha lavorato con Zeman per tre anni nel Foggia e più avanti, dal 1994 al gennaio del 1997, l’ha ritrovato sulla panchina della Lazio: «Spero che il Foggia possa torna re protagonista. La città merita visibilità e soddisfazioni: ha un rapporto speciale con il calcio e dopo un periodo complicato ha finalmente la possibilità di progettare un futuro importante». L’entusiasmo e l’orgoglio di Casillo,l’esperienza di un direttore sportivo come Pavone, la voglia di riscatto di Zeman, che non allena da due anni, dal 2008, quando decise di separarsi dalla Stella Rossa di Belgrado dopo tre giornate di campionato: «Conosco Zeman e le sue qualità, sono felice che possa tornare a lavorare e a riprendersi lo spazio che gli era stato negato negli ultimi tempi».

LA STIMA - Il boemo, nipote di Cestmir Vycpalek, ex tecnico della Juventus, è stato il primo a valorizzare Signori: l’ex attaccante nutre stima e riconoscenza. Un vincolo che non si è mai sciolto. «E’ attento a ogni dettaglio, studia e prova all’infinito certe soluzioni tattiche. E’ un perfezionista». Una preparazione atletica dai carichi pesanti: i famosi “gradoni” per potenziare la muscolatura, le ripetute nei boschi, la dieta. Signori applaude il ritorno in panchina di Zeman: «Ha lanciato tanti ragazzi, è riuscito a formare molti giocatori di alto livello: Zeman è nato per insegnare calcio. In Puglia ritroverà l’ambiente ideale per togliersi grandi soddisfazioni. Il mio Foggia era un piacere: corsa, velocità, divertimento, tanti gol. Ora lo aspetto di nuovo nelle categorie superiori».

venerdì 9 luglio 2010

Finalina. Germania poco motivata, Uruguay per i tifosi


di Laleggendadelcalcio (per QuattroTreTre)
Stati d’animo agli antipodi alla vigilia della finalina tra Gemania e Uruguay. Per i ragazzi del ct Oscar Tabarez, il terzo posto è molto più che una consolazione. Nel 1970 la Celeste arrivò quarta ai Mondiali, poi cinque mancate qualificazioni, due eliminazioni al primo turno e due negli ottavi. Troppo poco per fare gli snob: il terzo posto sarebbe il miglior risultato dal ‘50. Tutta un’altra storia per i tedeschi, che di scontri per il 3-4 posto ne hanno disputati quattro nella loro storia. Il ct Joachim Loew sembra addirittura intenzionato a schierare chi finora ha giocato meno. “Sarebbe una ricompensa per il loro grande impegno”, ha detto ieri l’assistente del ct, Hansi Flick. In dubbio, l’attaccante Miroslav Klose, per un problema alla colonna vertebrale. Ma farà di tutto per essere in campo domani a Port Elizabeth. A trentaduenni suonati, questa sarà, con ogni probabilità, la sua ultima chance per segnare quel gol che lo separa dal record di Ronaldo, miglior marcatore di sempre ai Mondiali con 15 reti. Anche Sami Khedira e Philipp Lahm non sono al top. Lahm, però, ha già detto di essere a disposizione del mister. Se gli verrà chiesto, dunque, stringerà i denti, per dimostrare che la fascia di capitano che ha al braccio non sta lì solo per l’infortunio occorso a Ballack, ma perché se la merita, nonostante la giovane età (26 anni). La sfida Germania-Uruguay per il terzo posto ha un precedente storico, nel ‘70, quando la Germania, sconfitta 4-3 dall’Italia (sì, si tratta proprio di “quel 4-3″), affrontò l’Uruguay, che si era inchinata al Brasile di Pelè. La Germania ebbe la meglio e anche stavolta potrebbe farcela: Paul, il polpo-oracolo di Oberhausen, che finora non ha sbagliato una predizione, la dà per vincitrice. La Celeste si affida a Luiz Suarez e Diego Lugano, assenti nella semifinale contro l’Olanda, per dare ancora una gioia ai 3milioni e mezzo di uruguayani. E per smentire, almeno una volta, il simpatico cefalopode teutonico.

Uruguay-Germania: le PROBABILI FORMAZIONI
URUGUAY (4-3-3) 1 Muslera; 4 Fucile, 2 Lugano, 3 Godin, 6 Victorino; 16 Maxi Pereira, 15 Perez, 17 Arevalo; 21 S. Fernandez, 10 Forlan, 9 Suarez A disp. 12 Castillo, 23 Silva, 8 Eguren, 11 A. Pereira, 14 Lodeiro, 5 Gargano, 22 Caceres, 18 Gonzalez, 19 Scotti, 7 Cavani, 13 Abreu All. Tabarez
GERMANIA (4-2-3-1): 1 Neuer; 16 Lahm, 3 Friedrich, 17 Mertesacker, 2 Jansen; 6 Khedira, 7 Schweinsteiger; 8 Oezil, 13 Muller, 10 Podolski; 11 Klose. A disp. 12 Wiese, 22 Butt, 4 Aogo, 5 Tasci, , 20 J.Boateng, 18 Kroos, 14 Badstuber, 15 Trochowski, 21 Marin, 9 Kiessling, 23 Gomez All. Loew
Arbitro: Archundia (Mex)

giovedì 8 luglio 2010

E' polpo-mania. Paul fa sempre notizia anche quando non si esprime

(Fonte: QuattroTreTre)di Laleggendadelcalcio
E’ una delle stelle del Mondiale sudafricano. Anche se non ama gli stadi di calcio e l’aria aperta. Ormai, il polpo Paul fa notizia, sempre, anche quando non “parla”. Come oggi, che dal suo acquario di Oberhausen, in Germania, non se l’è sentita di dare il suo infallibe pronostico sulla finalina di sabato, né sulla finalissima di domenica. Forse si esprimerà domani. A patto che ne abbia voglia. Intanto, i suoi ammiratori su Facebook si moltiplicano ogni giorno. Tantissime le pagine web interamente dedicate al cefalopode. Ma la fama, si sa, può ritorcertisi contro. Ai tifosi della Germania, la predizione della sconfitta della loro nazionale, nella semifinale contro la Spagna, è sembrata più una iattura che altro. E così, sui media tedeschi, le proposte su come cucinarlo si sprecano: meglio al forno o alla griglia? Altri tifosi delusi hanno chiesto alla direzione dell’acquario di Oberhausen di prelevare Paul dalla sua vasca e di gettarlo in quella degli squali. Ma i suoi fan su Facebook non demordono, lo proteggono e alcuni giorni fa hanno lanciato una campagna in suo favore: ” Salvate il polpo Paul”, parafrasando il noto film di Spielberg (“Salvate il soldato Ryan”). Tanja Munzig, portavoce dell’acquario “Sea Life”, li ha rassicurati: Paul ha un grande futuro davanti, nessuno gli farà del male. “La sua carriera continuerà- ha detto Munzig- stiamo vagliando proposte e richieste varie”. La leggenda del polpo continua.

mercoledì 7 luglio 2010

Prova di forza dell’Olanda sull’Uruguay


(Fonte: QuattroTreTre)
di Laleggendadelcalcio
Tre a due sull’Uruguay e l’Olanda va in finale. La terza della sua storia. Nella speranza che il detto (non c’è due senza tre) non valga stavolta, visto che, sia nel ‘74 sia nel ‘78, ne è sempre uscita malconcia, battuta in entrambe le occasioni dalla nazionale padrone di casa (Germania Ovest e Argentina). L’11 luglio non ci sarà però il Sudafrica, uscito nella fase a gironi, e questo può essere interpretato come buon segno. Ma, per la prima volta nella storia dei Mondiali, ci saranno due squadre europee a contendersi la Coppa fuori dal Vecchio Continente. Se poi dovessero essere i tedeschi, e non gli spagnoli, a giocarsela con i Tulipani a Johannesburg, la sfida potrebbe avere il gusto acre della rivincita. Le chance di vincere una volta per tutte un Mondiale, ci sono. La semifinale lo dimostra. L‘Olanda non ha dovuto faticare molto per avere la meglio sull’Uruguay. Un tiro nel primo tempo e due nella prima mezz’ora della ripresa sono altrettanti gol per l’Arancia meccanica. Difficile immaginarla più spietata e cinica di così. La rete del primo tempo è una staffilata dai 25-30 metri di capitan van Bronckhorst che, al 18’, si è andata ad infilare nel sette opposto a Muslera. Poi il pareggio di Forlan, realizzato con la complicità di Stekelenburg, che ha avuto il merito di mettere un po’ di verve alle due squadre. Nella ripresa, gli altri due gol olandesi: il primo al 25′, firmato dal solito Sneijder (quinto personale), che se continua così rischia seriamente di vincere tutto quest’anno, Pallone d’oro compreso, viziato però da un fuorigioco di van Persie non sbandierato dal guardalinee; il secondo, tre minuti dopo, con un colpo di testa schiacciato da Robben su cross di Kuyt. Per il resto l’Olanda ha passeggiato, forse è stata anche un po’ imprecisa, come nei due gol subìti, ma ha avuto sempre la partita in pugno. La rete di Maxi Pereira, che ha accorciato le distanze, è arrivata un minuto dopo il 90′, quando l’Orange aveva già sciupato un paio di occasioni buone per fare poker, con Robben e Kuyt. Dell’Uruguay non c’è molto da dire. I ragazzi di Tabarez ci hanno messo grande impegno, ma le assenze di Suarez, Lugano, Fucile e Lodeiro hanno pesato come macigni. I 3 milioni e mezzo di uruguayani che hanno creduto nella storica impresa possono comunque essere soddisfatti. La Coppa resterà in Europa, ma almeno loro hanno tenuto alto, fino alla fine, l’onore del calcio sudamericano.

domenica 4 luglio 2010

Sudafrica 2010. Paul il polpo da Oberhausen, l’indovino che le azzecca tutte


(Fonte: QuattroTreTre)
In questi Mondiali ha azzeccato cinque risultati su cinque, compresa Argentina-Germania: continua a pronosticare e – soprattutto – a ‘prenderle’ tutte. Il suo nome è Paul, e vive in un acquario ad Oberhausen, nei pressi di Dusseldorf, ed è un cefalopode.
Martedì scorso, come al solito, i responsabili dell’acquario avevano collocato nella sua vasca due scatole di plexiglas con un mollusco dentro e con la bandiera delle due squadre sopra il coperchio di ognuna. Pare che ci abbia pensato su un po’ prima di scegliere il contenitore con la bandiera tedesca: per questo motivo dall’acquario avevano fatto sapere che la nazionale avrebbe vinto, ma di misura.
Dall’acquario dove vive fanno sapere che due anni fa, per gli Europei, ha azzeccato l’80% dei risultati. Paul ormai è un protagonista teutonico di questo Mondiale: aveva addirittura previsto la sconfitta della Germania contro la Serbia nella fase a gironi.Ora, anche gli animalisti cominciano ad occuparsi di lui: “Vive in un ambiente troppo angusto, così rischia di morire”, ammonisce la biologa Tanja Breining; la Peta (società tedesca per la protezione degli animali) ne vorrebbe il trasferimento in un grande parco acquatico marino del sud della Francia, ma un portavoce dell’acquario esclude questa prospettiva: è nato in cattività ed in mare aperto non sopravviverebbe. E non vaticinerebbe più.
Tifosi e scommettitori tedeschi attendono con ansia il verdetto di Paul per la semifinale.