mercoledì 16 settembre 2009

Fair play finaziario, Platini e la Riforma del pallone


Platini è stato di parola. A Nyon (Svizzera), dove il 14 settembre si è riunito il Comitato Esecutivo dell'Uefa, è stato approvato il fair play finanziario. Una misura che, in sostanza, obbligherà i club che non hanno i conti in ordine a farli quadrare entro un determinato periodo di tempo; finalizzata a migliorare la lealtà finanziaria nei tornei europei e la stabilità a lungo termine del calcio a livello di club in tutto il continente.
Se siamo di fronte a una piccola rivoluzione nel calcio lo sapremo solo al momento in cui le nuove norme entreranno in vigore. Una strada in salita secondo Fulvio Bianchi di Repubblica: "Ci vorrà tempo prima di arrivare comunque ad un comunicato congiunto e a misure davvero concrete. I club europei- ha scritto il giornalista di Repubblica- sono d'accordo ma solo in linea di massima. Qualche società potrebbe andare anche all'Antitrust europea. Non è semplice d'altronde trovare un sistema di misure rigide, tenuto conto che ci sono differenze fiscali, e non solo fiscali, notevoli fra Nazione e Nazione (vedi Spagna, ad esempio). L'Inghilterra si è detta contraria al piano-Uefa. I club italiani (invece) sono con lui".
Platini ha però tutta l'intenzione di arrivare fino in fondo. Un punto d'onore di cui non ha mai fatto mistero. Come nel giugno 2008, quando, pochi giorni dopo la finale di Champions tra Chelsea e Man. United, disse all'Equipe: "L'obiettivo di molte squadre oggi non è più vincere titoli, ma guadagnare denaro per ripianare i debiti. Guardate i deficit di Chelsea e Man. United (si parlava allora di 1.9 miliardi di euro di debiti complessivamente contratti): in Champion's League vince chi bara sulle regole finanziarie. E la cosa è imbarazzante".
Dopo aver liquidato il G14, aver aumentato il numero di formazioni dell'Est Europa in Champion's League (a discapito delle squadre di Paesi di maggior tradizione pallonara e dunque di business), ora il fair play finanziario. Platini continua nella sua 'Riforma protestante'. Contro il 'potere temporale' dei grandi club. In favore di un nuovo sistema, in cui lo sport non sia più appendice dello show business.