giovedì 24 dicembre 2009

Spunta Bettega sotto l'albero juventino


E' d'uopo, alla fine di ogni anno, buttare le cose vecchie per fare posto a quelle nuove. Il perché è abbastanza ovvio (al di là del fatto che il consumo precoce è caratteristica essenziale delle società basate, per l'appunto, sul consumo). Ogni nascita è un nuovo cominciamento, l'inizio di qualcosa di diverso e imprevedibile, che permette di lasciare alle spalle gli errori (e gli orrori) del passato. Si tratta dunque di un rito che annuncia una palingenesi.
Non tutti però la pensano così. La Juventus, ad esempio, ha messo sotto l'albero un nuovo vice direttore generale, Roberto Bettega, che poi in realtà è vecchio come il cucco. Insomma: invece di anadare incontro al nuovo, i bianconeri hanno riciclato e tirato fuori dal cestino un pezzo da novanta della storia recente della Vecchia Signora. Appena scampato al processo a Calciopoli, il terzo uomo della Triade è diventato l'uomo giusto per risollevare le sorti della Juve. Peccato che Giraudo sia stato condannato in Primo grado, altrimenti anche lui tornava buono. E ora nella Torino bianconera sperano che anche con Moggi i giudici siano clementi. Bon. Tanti auguri a lui, alla juventus e al calcio italiano.

giovedì 17 dicembre 2009

Calciopoli, Giraudo e Lanese condannati

Tre anni di reclusione per Antonio Giraudo: è la sentenza pronunciata oggi dal giudice per le indagini preliminari, Eduardo De Gregorio, nell'ambito del procedimento nei confronti degli imputati di Calciopoli che hanno scelto il rito abbreviato. L'accusa aveva chiesto, per l'ex dirigente della Juventus, cinque anni. Il gup De Gregorio ha inoltre inflitto due anni di reclusione ciascuno all'ex presidente dell'Aia, Tullio Lanese e all'ex arbitro Paolo Dondarini mentre due anni e quattro mesi è la condanna per l'ex arbitro Tiziano Pieri.

Tutti gli altri imputati sono stati assolti. Il gup ha disposto per Giraudo e gli ex arbitri Tiziano Pieri e Paolo Dondarini come pena accessoria il divieto per tre anni di accedere nei luoghi dove si svolgono competizioni sportive o si accettano scommesse e l'interdizione dagli uffici direttivi di società sportive. Sette invece gli imputati assolti. Si tratta dell'arbitro Gianluca Rocchi, degli ex arbitri Stefano Cassarà, Marco Gabriele e Domenico Messina e degli ex assistenti Duccio Baglioni, Giuseppe Foschetti e Alessandro Griselli.

Il gup De Gregorio ha riconosciuto l'esistenza di una associazione per delinquere che avrebbe condizionato gli esiti dei campionati di calcio. Lo si evince dal dispositivo della sentenza emesso oggi con la quale sono stati condannati quattro imputati (Antonio Giraudo, Tiziano Pieri, Paolo Dondarini e Tullio Lanese) per il reato associativo finalizzato alla frode in competizioni sportive.

Entrando più nei dettagli della sentenza, Giraudo è stato ritenuto responsabile di associazione per delinquere (con l'esclusione tuttavia dell'aggravante di esserne uno dei promotori) e per tre singoli episodi di frode. Il primo si riferisce ai presunti illeciti che condussero alle ammonizioni e a un'espulsione durante Udinese-Brescia del 2004, sanzioni inflitte per favorire la squadra bianconera in relazione a Udinese-Juve 0-1 del 3 ottobre 2004. Giraudo è condannato anche per il sorteggio della terna arbitrale che sarebbe stato pilotato per favorire la Juve in occasione di Juve-Lazio del 5 dicembre 2004. Il terzo capo di imputazione per cui è stato condannato l'ex ad bianconero riguardal'individuazione delle griglie arbitrali e il successivo sorteggio, «atti finalizzati a determinare - si legge nel capo di imputazione - il risultato di Juventus-Udinese 2-1» del 13 febbraio 2005.

Le pene inflitte dal gup, in base agli sconti previsti dal rito abbreviato, sono ridotte di un terzo. Per Dondarini e Lanese è stata dichiarata la sospensione della pena. Entro 90 giorni il giudice De Gregorio depositerà la motivazioni della sentenza. Le argomentazioni che esporrà il magistrato potrebbero costituire una atout importante che i pm potrebbero utilizzare nell'altro processo di Calciopoli, quello con rito ordinario che vede imputato, tra gli altri, l'ex dg juventino Luciano Moggi.

Fonte: Spysport

lunedì 7 dicembre 2009

La 'saudade' per i 'Messi' d'Italia


Non capita spesso che ci sia unanime consenso per il vincitore del Pallone d'oro. Lionel Messi invece ha messo tutti d'accordo e per una volta i giurati di 'France Football' si sono trovati in piena sintonia con ciò che pensano i tifosi di tutto il mondo. Nessuno è come l'argentino. Per fare paragoni è necessario fare un viaggio nel passato recente, quando un altro argentino infiammava il pubblico di mezzo mondo con le sue giocate. Naturalmente, stiamo parlando di Diego Armando Maradona, il Pibe de oro, che per un assurdo regolamento il Pallone d'oro non lo ha mai vinto.
Il problema è che a fare confronti, che ovviamente sono sempre arbitarari - provate a un tifoso del Napoli a dirgli che c'è qualcuno forte quanto il loro idolo! -, noi italiani rischiamo di venire travolti dalla 'saudate'. Che non è una vera e propria malattia, ma una specie di 'depressione dolce', di nostalgia del Brasile, del Carnevale e delle spiagge di Rio, che aveva colpito alcuni calciatori brasiliani negli Anni Ottanta e Novanta. Cose che a noi benpensanti della Vecchia Europa sembravano solo scuse di viziati e strapagati carioca per spiegare il loro scarso rendimento.
Di saudate oggi siamo colpiti anche noi italiani ammiratori del calcio come spettacolo, che raccontiamo a nipoti e figli le gesta di Zico, Falcao, Van Basten, Vialli&Mancini, Bruno Conti, Brehme e Matthaus, Gullit e Baresi, Scirea e Platini, Stromberg e Roby Baggio. Nostalgia per il tempo perduto, quando Maradona era 'meglio di Pelè', il pallone sembrava cosa da italiani e il Calcio veniva esporatato in tutto il mondo.
Ma mito e realtà non convergono mai. A tutti questi ammalati ricordo però che il cancro era già in movimento e non avrebbe tardato a fare metastasi su tutto il corpo. Moggi non era il Re del mercato, ma lo sarebbe diventato presto; la Camorra già imponeva il suo business e truccava le partite; tivù, calcio e politica iniziavano a stringere le maglie diventando una cosa sola col Cavaliere; del doping non si sapeva niente, ma di lì a poco il coperchio sarebbe saltato.
Era un calcio diverso, certo, ricco di campioni e per certi versi più ingenuo di oggi. Ma aveva in sé tutto ciò che 20-25 anni dopo avrebbe portato all'autodistruzione l'intero sistema. Prodromi di questi tempi tanto infami.

sabato 5 dicembre 2009

Cantona eroe per Loach

"Il mio amico Eric", film doloroso e comico col fuoriclasse inglese
(attenzione! forse il fuoriclasse è il regista Loach visto che Cantona non è inglese)
di Lietta Tornabuoni (La Stampa)

Ken Loach è magnifico: la sua capacità di capire e narrare i lavoratori e i loro guai, il calore amichevole con cui li accompagna, l’umanità e dolce ironia con cui li osserva sono unici nel cinema occidentale, sempre efficaci e belli. Il mio amico Eric non è magari il suo film migliore, ma certo uno dei più commoventi e intelligenti. Protagonista, un postino di Manchester in difficoltà. Non riesce a liberarsi dal peso di una canagliata compiuta tanti anni prima, abbandonando senza più farsi vedere una ragazza amata e la bimba piccola figlia di entrambi, lasciandole sole a combattere con la vita. Ha in casa due figli d’una moglie che se n’è andata, adolescenti afasici, menefreghisti e caotici (soprattutto il maggiore sembra in pessima condizione di dipendenza da un teppista). I suoi amici e colleghi, tifosi come lui che gli vogliono bene e si preoccupano per la sua depressione, sembrano soprattutto un gruppo di maturi e vocianti casinisti.

Ma, a poco a poco, il viluppo dei guai si scioglie, i problemi si appianano. Rivede la ragazza d’un tempo, le parla, i loro rapporti riprendono, il rimorso lo lascia libero; con l’aiuto e la solidarietà fattiva degli amici libera il figlio adottivo dalla schiavitù. Ma l’autore della sua rinascita è soprattutto Eric Cantona il sentenzioso campione di calcio, che nella fantasia è sempre al suo fianco, gli serve da modello e da consigliere: l’abilità con cui questa salvifica amicizia viene raccontata, con le apparizioni concrete ma immaginarie del calciatore, è davvero ammirevole. Neppure Woody Allen quando faceva comparire accanto a se stesso il fantasma immaginario di Humphrey Bogart che lo incitava e lo consigliava nelle cose d’amore aveva fatto altrettanto. Cantona (anche coproduttore del film) si moltiplica nel finale: sono decine gli amici del postino con la faccia coperta dalla maschera di gomma di Cantona che sconfiggono i teppisti.

Ken Loach non è uno stilista, si sa: ma la forza del suo cinema è grande. Particolarmente in questo film scritto da Paul Laverty semplice, doloroso e comico come la vita quotidiana, come un omaggio a tante esistenze fragili, imperfette eppure fiduciose.

IL MIO AMICO ERIC
di Ken Loach
con Steve Evets, Eric Cantona, Stephanie Bishop
Inghilterra, Francia, Belgio, Italia, Spagna, 2009