sabato 24 novembre 2007

Il Calcio che unisce: la storia di una squadra di ragazzini rom a Tor di Quinto


Alle 18 di oggi con Genoa-Roma riprende il campionato, finalmente!, dopo le tristi cronache di queste due settimane. E c'è voglia di parlare di calcio come sport. Un'occasione buona per ricordare che il football può essere anche unione e tolleranza ce la dà Marco Iaria, che nell'edizione romana de "La Gazzetta dello Sport" (poche pagine allegate al quotidiano nazionale) ha raccontato la storia di una squadra di ragazzini rom e romeni che fino a pochi giorni fa vivevano negli accampamenti di Tor di Quinto, il quartiere della periferia romana finito sotto i riflettori dopo l'omicidio di Giovanna Reggiani lo scorso 30 ottobre. Un fatto che ha riacceso l'odio xenofobo e aperto un caso diplomatico tra Italia e Romania. L'articolo di Iaria, dal titolo "Quei rom campioni di fairplay", non è visibile per coloro che non vivono nel Lazio e sul sito "gazzetta.it" non ce n'è traccia. Per questo ho deciso di "ri-mediare" questa bella storia. Che inizia tre anni fa su una pista ciclabile nei pressi di Tor di Quinto, dove monsignor Giovanni D'Ercole e l'arbitro Salvatore Paddeu avevano l'abitudine di allenarsi. Un giorno, vedendo nell'adiacente campo nomadi un gruppo di bambini, ai due viene l'idea di convinrceli a giocare a calcio. Per strapparli dalla strada stringono un accordo secondo cui chi vuole far parte della squadra deve obbligatoriamente frequentare la scuola. In pochi giorni mettono su un team con tanto di divise che s'iscrive al torneo delle Acli. "Il primo anno però è stata dura", ha commentato Iaria. La squadra arriva ultima al torneo e i ragazzini (tra i 10 e i 13 anni) sono guardati con diffidenza e ricoperti di insulti (tipo: "Zingaro di m... tornatene al tuo paese"). Di quei momenti Iaria ha raccontato che "gli 'Ercolini' (questo il nome della squadra, ndr) porgevano l'altra guancia, un sorriso e via". Alla seconda stagione i ragazzini rom vincono il campionato e tutti pian piano si accorgono di che pasta sono fatti. "Poi gli altri- ha scritto Iaria-, quelli che gli stolti definirebbero normali, hanno capito. E un giorno, il giorno della finale, si sono presentati in tribuna a fare il tifo per loro. Perché gli 'Ercolini' sono ragazzi rom e romeni che danno lezioni di comportamento su di un campo di calcio". Questa la loro vittoria più importante. "I bambini si sono sempre distinti nel comportamento- ha affermato l'arbitro Paddeu a 'La Gazzetta dello Sport'- mai una protesta, mai una reazione alle offese. Con il tempo hanno conquistato la stima di tutti e le mamme degli altri ragazzi, che prima storcevano il naso, si sono dovute ricredere". Purtroppo però, dopo la tragedia all'uscita della stazione ferroviaria di Tor di Quinto, quel clima di esasperazione si è riversato anche contro di loro che colpe non ne possono avere. "Gli sgomberi- ha scritto sempre Iaria- li hanno riportati in mezzo alla strada e, con le loro famiglie, si sono trovati un'altra sistemazione di fortuna, in un interstizio della Roma sotterranea. A scuola alcuni bambini sono costretti ad aspettare in aula l'arrivo dello scuolabus per evitare di prendere botte e insulti dagli altri compagni". "Qualche bambino si è perso di vista- ha concluso Iaria- ma il progetto non è tramonato, tutt'altro". Insomma, nonostante le difficoltà, la favola continua.

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