Dalla lettura dei verbali delle intercettazioni telefoniche (la c.d. Calciopoli 2) non è emerso alcun interesse da parte di Luciano Moggi per un ruolo nel nuovo Queen's Park Rangers di Flavio Briatore. Eppure molti sospettano che la lunga mano di Lucky Luciano si sia infilata nella Londra pallonara. Ma Lucianone chiosa. Ora fa il giornalista per Libero ed è opininista per una tv locale, una professione che gradisce assai, come ha tenuto a precisare in un'intervista rilasciata ad Affari Italiani: "Ora faccio il giornalista, mi diverto e sono passato da essere criticato a criticare". Davvero un buontempone l'ex ferroviere di Civitavecchia.
Eppure l'ipotesi di un Moggi nella City non è poi così peregrina. Intanto a Londra s'era trasferito il suo braccio destro, Francesco Ceravolo, al quale Briatore aveva dato l'incarico di responsabile tecnico del Queen’s Park Rangers (pare che qualche giro a Londra - come ha scritto "tuttomercatoweb" - sia andato a farlo anche Alessandro Moggi). Un fatto che il giornalista di 'Controcampo', Paolo Ziliani, aveva così commentato: "Tutte le strade portano verso uno scenario abbastanza chiaro: quello di Moggi che muove il tutto dietro (ma neanche tanto) le quinte, magari col sostegno di Giraudo, che come tutti sanno dopo Calciopoli ha scelto l'esilio volontario, e dorato, a Londra". Ma poi, una settimana fa, Ceravolo ha rassegnato le dimissioni (qualcuno, maliziosamente, ha usato l'espressione "è stato dimesso") per family reasons, come c'è scritto sul sito della società inglese. Un addio(?) avvenuto non prima di mettere sulla panchina del club un loro affiliato: Luigi De Canio, ex tecnico di Udinese, Napoli, Reggina, Siena, Genoa ed ex uomo Gea. Insomma, nonostante le dimissioni di Ceravolo, il clan di Lucianone ha ancora molti contatti per operare seppur nell'ombra.
Una seconda ragione è che Moggi "sguazza" dove girano i soldi: era nel Napoli dei tempi d'oro di Ferlaino, nella Roma del duo Sensi&Mezzaroma che spendeva e spandeva, nel Torino di Borsano e Lentini, infine alla Juve. Ora che il "paradiso" pallonaro è proprio la Premiership inglese, dove di denaro ne gira a iosa e con una fiscalità ridotta rispetto a quella italiana, vi pare che Moggi ne possa rimanere tagliato fuori? Intendiamoci, Moggi può fare quello che vuole, anche perché l'inibizione di 5 anni, inflittagli dalla Corte federale in merito all'illecito sportivo (Art. 6 e non come lui stesso afferma un misero Art.1), non vale nel resto d'Europa. Cosa che del resto Lucky Luciano, che è davvero fortunato non c'è che dire, sa benissimo, visto che una quindicina d'anni fa si salvò dalla condanna per illecito sportivo per cose simili (forse sarebbe meglio dire che sono due facce della stessa medaglia).
All'epoca Moggi era ds nel Torino di Borsano, uomo di Craxi, e venne coinvolto in un sexy-scandalo, con mignotte "usate" come merce per addomesticare arbitri collusi al fine di taroccare alcune partite in Coppa Uefa (tre: con l'Aek Atene, Boavista e Reykjavik). Ebbene, nonostante le prove, indotte dalle testimonianze (del ragioniere del Toro, Giovanni Matta, della "massaggiatrice" Adriana R. e da alcune incongruenze emerse durante la deposizione di Pavarese, all'epoca vice-Moggi nella società granata e suo braccio-esecutivo, che, forse, non aveva imparato bene la filastrocca), Lucianone ne uscì pulito. Ma solo grazie al fatto che nella legge sportiva c'è un buco grosso come una casa. Come ha spiegato Marco Travaglio nel libro Lucky Luciano (pag. 113), "la legge punisce chi trucca le competizioni riconosciute dal Coni, ma non quelle riconosciute dall'Uefa, che è indipendente e autonoma, dunque non riconosciuta dal Coni. Tant'è vero che le squalifiche comminate dalla Federcalcio non valgono per le coppe internazionali, e le varie squadre che partecipano alle competizioni Uefa aderiscono autonomamente al suo regolamento, senza passare per Coni e Figc. Dunque (siccome le partite incriminate erano di Coppa Uefa, ndr), la legge italiana sull'illecito sportivo è per la Coppa Uefa inapplicabile". Per farla breve, il "buco" legislativo all'epoca gli servì per non andare incontro a sicura condanna in Italia, mentre ora, che la Corte federale l'ha condannato, gli permette di continuare la propria attività all'estero. Una lacuna che sarebbe ora di colmare.
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