“Calciopoli, l’accusa dei pm: Il sistema Moggi c’è ancora”. Questo il titolo apparso su gazzetta.it sabato 15 dicembre al termine dell’udienza preliminare su Calciopoli, tenutasi nel Palazzo di Giustizia del Centro direzionale di Napoli, dove è stata formulata dai pm Beatrice e Narducci la nuova ipotesi di reato a carico di Moggi&soci. “Si tratta- ha spiegato il giornalista Maurizio Nicita sul sito del quotidiano- di una nuova serie di intercettazioni telefoniche relative al periodo ottobre 2006-marzo 2007 dalle quali si evincerebbe, secondo gli inquirenti (i pm Narducci e Beatrice, nda), la volontà di continuare a controllare col proprio sistema l’andamento del campionato”.
Insomma, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Da quanto trapelato in questi giorni, sembra che Moggi abbia: partecipato al passaggio di proprietà del Siena Calcio nel marzo scorso (su La Repubblica del 16/12); che quest’estate abbia bloccato il trasferimento di Nocerino (il cui procuratore è il figlio Alessandro) alla Fiorentina per favorire la Juve dell’amico Alessio Secco (sul Corriere dello Sport di oggi); che stia avendo un ruolo attivo (e del tutto lecito visto che la sentenza su Calciopoli non ha effetto nel resto d’Europa) nella costruzione del nuovo Queens Park Rangers di Flavio Briatore (chissà a Londra che bella rimpatriata si faranno Moggi, Briatore, Rossi, Giraudo, Sir Fabio Capello, Ceravolo e compagnia bella); e così via.
Intorno a Lucky Luciano (come è stato chiamato Luciano Moggi in un famoso libro edito dalla Kaos), tutto un mondo che invece d’essere cambiato (eticamente, legislativamente, culturalmente) pare sia sempre lo stesso. Con tutti che predicano bene(?) - “sono innocente”; “facevano tutti così”; “è il sistema” -, ma poi razzolano male. E la cronaca di questi mesi, di questi giorni, di queste ultime ore ne è l’esempio. Come la Juventus, che non appare al processo come parte civile, nonostante in questi mesi Lapo&famiglia c’abbiano raccontato che la “triade” è stata una maledizione per la società bianconera e non, come ragionevolmente si potrebbe pensare, una risorsa… (come se Umberto A. non sapesse chi si metteva in casa).
Intorno a Lucky Luciano (come è stato chiamato Luciano Moggi in un famoso libro edito dalla Kaos), tutto un mondo che invece d’essere cambiato (eticamente, legislativamente, culturalmente) pare sia sempre lo stesso. Con tutti che predicano bene(?) - “sono innocente”; “facevano tutti così”; “è il sistema” -, ma poi razzolano male. E la cronaca di questi mesi, di questi giorni, di queste ultime ore ne è l’esempio. Come la Juventus, che non appare al processo come parte civile, nonostante in questi mesi Lapo&famiglia c’abbiano raccontato che la “triade” è stata una maledizione per la società bianconera e non, come ragionevolmente si potrebbe pensare, una risorsa… (come se Umberto A. non sapesse chi si metteva in casa).
E poi il ruolo dei procuratori. Che nonostante tutto sono sempre gli stessi, come aveva affermato Dario Canovi, agente di calciatori, quest’estate ai microfoni di "Radio Radio" (era il 9 luglio): “Di Gea ce ne sono tante e tutte sotto gli occhi della Federazione. Oggi i calciatori vanno in certe squadre solo se fanno parte di una scuderia piuttosto che un'altra. Pensate a Pastorello e il Genoa, oppure pensate al Torino. Certo non è più come prima (…) eppure i vecchi personaggi sono ancora tutti in giro, e continuano a fare il loro lavoro. Forse la verità è che alle società di calcio questi personaggi fanno comodo”.
Sotto accusa poi c’è il mondo del giornalismo sportivo. Nel processo solo Ignazio Scardina della Rai (pare avesse un rapporto speciale con Moggi)… ma accanto a lui ne esce con le ossa rotte tutto il giornalismo sportivo tv nazional-popolare. Senza aver commesso reati a quanto pare, ma con ruoli altrettanto deleteri per la professione, sono saltati fuori i nomi dei grilli “moggiani” Melli, Damascelli e Sposini; il fu Tosatti, l'anti-zemaniano, che faceva da moderatore nei convegni Gea con Sconcerti e Palumbo; Franco Ordine, opinionista a Controcampo, che di "ordini" ne pigliava un po’ da tutti. Poi chissà quanti altri. (Per chi volesse approfondire il tema del rapporto tra il Sistema Calciopoli e giornalismo, consiglio la lettura di MicroMega n.4 del 2006, in particolare il bel 'pezzo' di Andrea Di Caro "Giornalisti da cuccia", dove i cronisti sono descritti come "cani da guardia non della democrazia, ma del Sistema che avrebbero dovuto denunciare").
Senza dimenticare la questione arbitrale. Direttori di gara che, dopo la bufera che ha coinvolto molti fischietti oltre ai designatori Bergamo&Pairetto, dovrebbero aver voltato pagina e assunto un ruolo più autorevole, moralmente e fattivamente, con il nuovo corso Collina, "designatore da 500.000 euro all’anno", anche se ancora oggi vengono accusati di favorire questo o quell’altro club (guarda le dichiarazioni di Bruno Conti, non uno scemo, apparse dopo alcune discutibili decisioni arbitrali sfavorevoli alla Roma).
Poi i vertici del Coni, della Figc e della Lega, con a capo gente inossidabile come Petrucci, Abete e Matarrese. Personaggi "storici", sui quali la cronaca aggiunge ogni giorno piccoli “lego”, che uno sopra l’altro costruiscono un’impalcatura difficile da non vedere. Come l’interrogatorio a Pier Luigi Ronzani (lo riporta La Repubblica del 24 novembre), ex presidente della Camera di conciliazione e arbitrato del Coni, che ha (o avrebbe) detto alla magistratura che alla vigilia del processo a Calciopoli il presidente del Coni, Gianni Petrucci, lo ha avvicinato perché voleva che non prendesse alcuna decisione sulla posizione di Franco Carraro.
Inoltre ci sarebbe da approfondire la questione legata ai neo Campioni del Mondo del Milan, all’asse Galliani/Meani e della volontà della società di via Turati di ingaggiare Moggi (prima che scoppiasse la bomba). Un’ipotesi che Innocenzo Mazzini sul Guerin Sportivo (rintracciabile sul sito Violanews del 4/12/2007), ex vicepresidente Figc e attuale “mostro di Firenze”, ha parzialmente rilanciato: “Il castello è crollato quando Moggi e Giraudo si sono rifiutati di passare al Milan. Con Berlusconi alle spalle, sarebbe stato tutto diverso…”. Infine il mondo del dilettantismo, serbatoio di traffici che inquinano fin alla radice il nostro calcio.
Guardando tutto questo, mi torna in mente un’intervista rilasciata dal pm di Napoli Giuseppe Narducci a Maurizio Galdi e apparsa su La Gazzetta dello Sport del 17 novembre 2007. “Il calcio è desolante- ha detto il magistrato-. Visto dall’interno ci si trova davanti ad interessi di ogni tipo che nulla hanno a che fare coi principi dello sport. La realtà è peggiore di quello che si possa immaginare. Nel mondo del calcio è cambiato poco o nulla. Resta il valore di questa inchiesta, ma indagini penali e processi non possono cambiare la situazione. Un discorso che vale anche per la violenza negli stadi. È un problema che riguarda tutti i momenti della vita italiana, non solo lo sport. Per cambiare ci vuole altro che un’indagine. Lo Stato dovrebbe intervenire direttamente e decidere, non può disinteressarsi. Dall’ordine pubblico, ai diritti tv, alla giustizia sportiva. Lo sport non può farcela da solo”.
Insomma c’è tanta carne al fuoco che val la pena di seguire e approfondire questa “nuova” Calciopoli. Alla faccia di chi sostiene che di Calciopoli “non frega più a nessuno", ho intenzione di seguire il “caso” con passione e senso critico e, per quanto mi è possibile, approfondirlo con tutto il materiale che ho a disposizione (ritagli di giornali, materiale d’agenzia, quella grossa banca dati pubblica che è internet, ecc.). Saranno benvenute tutte le informazioni (le dritte) che i lettori vorranno concedermi: basta cliccare sulla mia e-mail e comunicarmele.
Guardando tutto questo, mi torna in mente un’intervista rilasciata dal pm di Napoli Giuseppe Narducci a Maurizio Galdi e apparsa su La Gazzetta dello Sport del 17 novembre 2007. “Il calcio è desolante- ha detto il magistrato-. Visto dall’interno ci si trova davanti ad interessi di ogni tipo che nulla hanno a che fare coi principi dello sport. La realtà è peggiore di quello che si possa immaginare. Nel mondo del calcio è cambiato poco o nulla. Resta il valore di questa inchiesta, ma indagini penali e processi non possono cambiare la situazione. Un discorso che vale anche per la violenza negli stadi. È un problema che riguarda tutti i momenti della vita italiana, non solo lo sport. Per cambiare ci vuole altro che un’indagine. Lo Stato dovrebbe intervenire direttamente e decidere, non può disinteressarsi. Dall’ordine pubblico, ai diritti tv, alla giustizia sportiva. Lo sport non può farcela da solo”.
Insomma c’è tanta carne al fuoco che val la pena di seguire e approfondire questa “nuova” Calciopoli. Alla faccia di chi sostiene che di Calciopoli “non frega più a nessuno", ho intenzione di seguire il “caso” con passione e senso critico e, per quanto mi è possibile, approfondirlo con tutto il materiale che ho a disposizione (ritagli di giornali, materiale d’agenzia, quella grossa banca dati pubblica che è internet, ecc.). Saranno benvenute tutte le informazioni (le dritte) che i lettori vorranno concedermi: basta cliccare sulla mia e-mail e comunicarmele.
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