domenica 6 luglio 2008

Un calcio al pallone d'estate, evviva il Tour de France

L'estate è arrivata. Fa caldo come al solito e le prime amichevoli "footballiste" sono ancora lontane. In questo periodo il calcio non c'è, ma se ne parla come sempre, forse di più. I giornali sportivi e i loro siti fanno vendite e contatti da record per merito di quell'albero della cuccagna che è il calciomercato, fabbrica di sogni e specchietto per le allodole di ogni tifoso degno di questo nome (a cui anch'io non sono immune, purtroppo). Notizie che ultimamente ascolto distrattamente e che leggo con l'occhio annoiato. Forse la mia è una forma di assuefazione e per questo preferisco seguire altri sport (televisivamente parlando). In attesa delle Olimpiadi, per "altri sport" intendo il ciclismo, anzi il Tour de France, la più importante gara ciclistica del mondo, che da noi però rischia di passare inosservata. La prima tappa della Grande Boucle di ieri è stata vista da meno di un milione di persone e ha avuto uno share inferiore al 9%. Numeri da campionato di biliardo, con tutto il rispetto. Certo siamo ancora ai primi vagiti, le emozioni sono pochine, e chiunque conosca almeno un po' la corsa sa bene che le prime tappe hanno davvero poco da offrire. Oltre a questo, pesa la disaffezione di molti dopo gli scandali degli ultimi anni, di chi ancora non si è ripreso dopo Marco Pantani, prima amato e osannato, poi umiliato dai sospetti (di doping) che l'hanno accompagnato fino alla tragico epilogo.
Nonostante tutto, a me il Tour piace ancora. Anzi, ho imparato a conoscerlo e apprezzarlo proprio mentre gli scandali coinvolgevano tutto il movimento ciclistico. Un mondo che è stato il primo e forse l'unico che si sia parzialmente rinnovato, anche se a forza di inchieste giudiziarie e sequestri.
Non so se il ciclismo sia riuscito a venirne fuori, ma il Tour de France, diamine, è sempre il Tour de France. Mi piace vedere il territorio francese ripreso dall'alto, dall'occhio della telecamera piazzata sull'elicottero che ci fa ammirare un paese bello e ricco di storia, come è appunto la Francia; e le riprese dal basso, la moto che affianca le bici, i volti dei corridori, la fatica, il sudore. E' bello pure ascoltare la telecronaca di Auro Bulbarelli, i commenti tecnici di Davide Cassani e le loro interviste durante la corsa ad atleti ed esperti. Così, fino a quando la tappa non giunge alle fasi salienti: una salita (poche per il momento), una fuga, l'arrivo. Poi le interviste finali a vincitori e vinti, spesso meno banali nelle risposte rispetto ai protagonisti del pallone. E poi l'attesa del mattino dopo, quando apro il giornale e cerco con ansia il resoconto di Gianni Mura, cioè di uno che segue la Grande Boucle dal '67, che ha uno sguardo che va oltre la competizione e che comprende tutta la Francia. Anche il 'pezzo' di Marco Pastonesi della gazzetta non è certo da buttare: sempre puntuale e attento a tutto ciò che accade al Tour fin nei minimi dettagli. Ma non solo. Mi piace anche studiare la tappa successiva (www.letour.fr), seguire col dito le pendenze e le salite, immaginare chi staccherà il gruppo, quando e dove, e se riuscirà nell'impresa.
Bello il Tour, non me lo perderei per alcun motivo.
Non so quanti italiani gli scorsi anni abbiano seguito la Grande Boucle e non so se quest'anno l'audience sia migliorata o peggiorata. Però è certo che 900mila spettatori per la prima tappa sono davvero pochi per uno sport e un Tour de France che offre sempre qualcosa di buono. Quel certo non so che, che travalica anche la corsa stessa.

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