sabato 26 aprile 2008

Tg5 censura dichiarazioni di Platinì su Berlusconi


Il 25 aprile appena trascorso verrà forse ricordato come il giorno del V2-Day. Della protesta contro l’informazione, pilotata dalle multinazionali, dai partiti e dalle banche, e contro il giornalismo televisivo e la Rai che, come ha detto Beppe Grillo da piazza San Carlo a Torino, “cancella i filmati da YouTube con la scusa dei diritti d’autore, ma se continua così gli chiudiamo il rubinetto del canone”. Probabilmente il discorso di Grillo non piacerà a coloro che credono ancora nell’utilità dell’Ordine dei giornalisti oppure a chi pensa che la Rai offra un servizio pubblico. In generale ci saremmo augurati che la denuncia dei 'grilli parlanti' avesse, se non scosso almeno fatto riflettere la categoria giornalistica. La quale, incalzata dalle richieste di piazza, avrebbe cercato di essere diversa da sé stessa, meno compiacente col potere e in linea con le richieste dei cittadini. Nemmeno dodici ore dopo, la speranza se n'era andata a farsi benedire dalla routine comunicativa. E pensare che in ballo c’erano solo questioni politico-pallonare.

Il Tg5 delle 13.00 ha mostrato un servizio intitolato, grossomodo, “Platinì torna per un giorno nel paese dei suoi nonni piemontesi”. Davanti alle telecamere si vede il presidente dell’Uefa prima passeggiare per le vie di Agrate Conturbia, un paesotto di 550 abitanti tra Piemonte e Lombardia, poi inaugurare il campetto dell’oratorio della chiesa di San Giorgio e, per la gioia dei fotografi, calciare un paio di volte il pallone attorniato dalle autorità del paese, dai suoi parenti e da un gruppo di ragazzini. In questo frame, ecco spuntare da dietro l'obiettivo il microfono dell’inviato del Tg5, il quale, con acuta prontezza, chiede all'ex numero 10 bianconero di ricordare la sua infanzia italiana, quando passava qui le vacanze assieme ai propri genitori. Risposta. Fine del servizio tv.
Ben diverso il trattamento che La Stampa di oggi ha riservato all’evento. Nel titolo, il quotidiano torinese scrive a tutta pagina: “Platinì boccia Berlusconi: ‘Si scordi il progetto Superlega'”. All’interno le affermazioni del capo del calcio europeo. “Questo campo di parrocchia- ha detto Platinì- è come una piccola società di calcio, in un posto si cura un po’ più il pallone nell’altro l’anima. In entrambi però c’è lo sforzo del volontariato per far crescere bene i ragazzi”. Un tema caro, che gli permette di affrontare di slancio la questione più annosa: le dichiarazioni del Cavaliere rilasciate qualche giorno fa e riportate in questo blog. “Mi ha molto sorpreso- ha decisamente affermato Platinì- l’ultima uscita di Berlusconi che vorrebbe far giocare un campionato solo tra grandi club, escludendo le piccole città: non è il discorso di un primo ministro che dovrebbe guardare all’interesse di tutti i cittadini. Ha parlato soltanto da presidente del Milan, ruolo che adesso deve lasciare, o no?”.
Ora qualcuno, rendendosi conto delle differenze tra un servizio e l'altro, potrebbe dire che il Tg5 è del Berlusca, che fa quel che vuole delle sue proprietà. Mi sento però in dovere di ricordare a coloro che avanzassero un discorso del genere, che il giornalismo non è alla mercé di nessuno. La tradizione del giornalismo, almeno così come l'abbiamo appresa, ci ricorda che i cittadini hanno diritto d'essere informati in modo imparziale (con notizie presentate con distacco, senza privilegiare un punto di vista piuttosto che un altro), obiettivo (con notizie aderenti ai fatti) e completo (si devono fornire tutte le notizie valide, non solo quelle utili a sostenere un tesi piuttosto che un’altra). Questi i capisaldi di una informazione libera e a servizio della democrazia. Poi si può anche stare dalla parte del Cavaliere, vivaddio. Per le opinioni espresse e per i giudizi personali (non quelli della storia ovviamente, e nemmeno per quelli che diffamano e calunniano) nessuno può essere incriminato. Ma l'autocensura finalizzata a proteggere e/o a farsi bello agli occhi del proprio editore, che nella fattispecie è pure il Presidente del Consiglio, non è giornalismo. E' propaganda, oppure, è servilismo.

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