lunedì 19 maggio 2008

Condannato in attesa di giudizio


La vicenda delle intercettazioni telefoniche che ha coinvolto Delio Rossi stupisce, e non poco. Perché l'uomo, prima che ottimo tecnico di una prestigiosa società di calcio, ce lo siamo sempre immaginato come persona corretta e di sani principi. Ricordo bene come l'estate scorsa non stesse nella pelle per la Laurea appena conseguita dal figlio, che gli aveva fatto il regalo più bello, meglio dello scudetto o di un nuovo milionario ingaggio. Non parlava d'altro, con tutti, pure con i giornalisti: per lui e la sua famiglia, diceva, era quello l'onore più grande...
Non si riesce allora a comprendere come un uomo che fa della famiglia, dell'onore, del rispetto e della cultura valori fondanti della propria personalità, come quell'uomo dicevamo, possa essere incappato in un'accusa tanto infamante: ovvero l'intenzione di "ammorbidire" il Lecce intavolando una trattativa di calciomercato prima di una partita contro la "sua" Lazio (30 aprile 2006). Un'accusa per la quale la Commissione Disciplinare della Figc ha inflitto al tecnico bianco-celeste tre giornate di squalifica (e alla Lazio 10mila euro d'ammenda) per la violazione dell'art.1 (lealtà) del Codice sportivo.
Delio Rossi dunque è stato condannato, ma come ha scritto Adriano Stabile su Spycalcio "siamo di fronte a una sentenza per certi versi inedita perché generalmente, in caso di infrazioni del genere, scattano squalifiche a tempo più lunghe". Evidentemente devono aver pesato sul giudizio della Corte alcune attenuanti "dovute" a un uomo che mai in carriera era stato accusato di alcunché. Ipotesi possibile, come è probabile che, incassata la sentenza, il suo legale, l'avvocato Gentile, gli abbia consigliato di non fare ricorso: in seconda istanza, infatti, la pena potrebbe risultare più gravosa qualora lo si ritenesse colpevole del reato di frode e non più di slealtà sportiva.
Come siano andate le cose non è dato sapere, comunque Delio Rossi ha mostrato tutta l'intenzione di ricorrere. Cosa che ci fa davvero piacere e che dimostra quanto egli tenga all'onorabilità della sua persona piuttosto che alla più spiccia convenienza. "Prendo atto della sentenza che trovo ingiusta e iniqua. La impugnerò perché ho il dovere morale di tutelare me stesso e la mia onorabilità- è scritto in una nota diffusa dallo stesso Delio Rossi, e che ho ripreso da Spycalcio-. Certo, non sarà una squalifica a cambiare il mio modo di essere e pensare in certi fondamenti e valori in cui credo fermamente con la forza, il coraggio e l'integrità di sempre". Poi, che sia colpevole o meno, non sta a noi sentenziare, ma che questa sia la strada da percorrere per una piena riabilitazione, beh, questo sì che lo possiamo giudicare.

Nessun commento: