(da lungotevere.net)
Roma - Quando al 35' del secondo tempo di Roma-Bordeaux Spalletti sostituisce Menez, il pubblico dell'Olimpico dedica un'emozionante standing ovation al francesino, il quale a sua volta ringrazia, quasi commosso. E' il segnale giusto: la Roma si è buttata alle spalle il periodo nero, dopo sei vittorie di fila, che avrebbero potuto essere otto se a Bologna Cicinho, poveraccio, non avesse realizzato un bel gol, ma nella porta sbagliata; e dopo il primato nel girone di Champions, cosa mai accaduta finora. Ecco, dopo tutto questo ti accorgi che il vento è cambiato solo quando a uno come Menez riescono cose che non avresti immaginato fossero comprese nel repertorio. Come l'esterno destro che domenica scorsa aveva steso il Chievo. Ma quello poteva essere anche un colpo fortunato, un biglietto vincente della lotteria. Cose che capitano una volta nella vita. Ma ora?
Gran parte dei tifosi giallorossi erano pronti a buttare al macello questo 'brocco', che si 'mangia' gol a ripetizione. A rispedirlo al mittente, Oltralpe, sperando almeno di recuperare una parte dei 10,5 mln spesi per acquisire l'oneroso cartellino. Così la Sensi, dicevano, reinveste il gruzzoletto su qualcun altro, uno più forte anche se attempato, come Crespo o magari Cruz. Ma come nelle favole che ci raccontavano da bambini, ecco che Menez in tre giorni prende a sfornare colpi da maestro, dibbling che ubriacano gli avversari, assist che ti consegnano il pallone davati alla porta, che devi solo sbatterci addosso per segnare. E poi il gol magnifico contro il Chievo. E il brocco non è più brocco. Ma un pezzo pregiato. "Per tecnica e velocità mi ricorda Kakà", ha detto ieri Spalletti. E Philippe Mexes: "Menez? E' talento puro". Un campione di razza, allora. Ché pure il tecnico della Francia Domenech è venuto a goderselo, di persona. Il bizzarro Domenech, quello che odiava Giuly perché sembrava gli avesse fregato la moglie e che non convocava mai Mexes non si sa il perché. Chissà se davvero è sceso in Italia per osservare Menez. Probabilmente il tecnico dei Bleu è venuto più per guardare i girondini, impegnati nella loro gara d'aurevoir alla Champions, che per ammirare il ventunenne nato a Longjumeau, località sconosciuta ai più, vicino alla Normandia. Ma una volta qui il tecnico non può non aver visto quel numero 24 che s'invola sulla sinistra, scarta gli avversari neanche fossero birilli e sforna assist uno dietro l'altro. Anche se non avesse visto, comunque, deve aver sentito quei 40mila che facevano clap clap. Per forza. Oppure è anche sordo monsieur Domenech?
Italo Mastrangeli
mercoledì 10 dicembre 2008
Menez, sogno o son desto?
alle 23:40
Etichette: lungotevere, menez
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